Un po' di pugni per la causa

Jack London è ormai più noto in Italia come un buon scrittore per ragazzi che come uno dei migliori narratori americani del secolo. Ciò può sorprendere, se si pensa che, intorno agli anni '40-'50, era uno degli scrittori più letti del mondo, molto apprezzato da alcuni grandi autori della Letteratura del Novecento (Hemingway, ad esempio, lo cita tra coloro che lo hanno influenzato di più) e che la sua opera si inserisce nella scia dei grandi classici della narrativa di lingua Inglese, quali Fielding, Twain e Kipling. 

Negli anni '40-'50 l'opera di London era quasi interamente tradotta in italiano, mentre oggi, se alcuni dei suoi romanzi più belli, come Martin Eden o Zanna bianca, sono ancora facilmente reperibili in libreria, altri, come La Piccola signora della grande casa o Jerry delle isole, nella migliore delle ipotesi possono essere rintracciati in vecchie edizioni alle bancarelle dell'usato.
   Ciò potrebbe essere dovuto sia a certi aspetti datati delle problematiche londoniane sia alla maturazione di un gusto più accorto. In molti dei suoi romanzi vi sono infatti ripetizioni e ridondanze cicliche, la sua prosa appare a volte affannosa od enfatica e le sue storie sono spesso eccessivamente accentrate attorno alla figura del protagonista maschile. Questi difetti sono in genere accentuati dall'uso della prima persona, mentre sono assai mitigati dall'uso della terza. Quando si distende in una narrazione più articolata ed oggettiva, London si rivela invece un grande scrittore, capace di passare con straordinaria abilità da descrizioni panoramiche a dettagli psicologici dei personaggi, d'introdurre con spigliatezza nuovi ambienti rallentando ad arte una vicenda incalzante e di far sentire con forza la presenza del narratore senza distogliere l'attenzione del lettore dall'intreccio del racconto.
   Narrando per lo più storie vissute in prima persona, in questi casi London lascia trasparire ad ogni riga la freschezza della propria ispirazione e l'intensità della propria. esperienza. Tra le tante attività che ebbe occasione di svolgere, a quella di boxer teneva in modo particolare e la Boxe diverrà uno dei suoi espedienti preferiti per raccontare dal vero. Nel mondo della Boxe ambienterà diversi racconti, ed essa ricompare anche in alcuni romanzi, come Martin EdenLa Valle della Luna.    
   Nel volume edito da Sugarco col titolo Storie di Boxe un racconto, Il Bruto delle Caverne, è particolarmente bello. Vi si narra la vicenda di un giovane ingenuo e vigoroso, cresciuto nei boschi di una località sperduta, e della sua relazione con una giovane giornalista intelligente e fine, una delle più belle figure femminili create da London. In un altro volume, Il ring, il primo racconto, The game, è la storia assai penetrante, ma anche un po' convenzionale, di due giovani sposi: lei assisterà, travestita da uomo, in una sala piena di fumo proibita alle donne, all'ultimo combattimento di lui. Il secondo racconto del volume, Il messicano, è meno sentimentale e più originale. Il protagonista, un giovane rivoluzionario d'origine messicana, è un prototipo della selvaggia tenacia che caratterizza spesso i personaggi maschili di London. E' un racconto compatto e teso. Il giovane messicano combatterà contro un avversario stimato da tutti più forte, giocandosi l’intera posta. Riuscirà a vincere perché sospinto dall'odio nei confronti del mondo che lo costringe a combattere e devorrà la cifra così conquistata alla causa rivoluzionaria. La storia alla fine può sembrare un po’ forzata, ma il tutto sa di qualcosa che è stato realmente vissuto, con grande coerenza e dignità, da una persona genuina ed inaccessibile, psicologicamente estrema e tuttavia verosimile, intima di chi ne racconta le gesta un po' eroiche emulandone, con uno stile terso ed incisivo, il carattere intrepido e la voce sonora.


Jack London: Storie di Box, Sugarco editore,