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L'esame di Stato a responsabilità illimitata
Pare che il Governo sia ormai orientato a realizzare l’orale dell’Esame di Stato delle scuole superiori in “conferenza personale”: così almeno si è espresso il Presidente del Consiglio qualche tempo fa nella sua personale e abituale videoconferenza serale, e così pare aver successivamente confermato la Ministra dell’istruzione Lucia Azzolina, aggiungendo che l’esame si terrà probabilmente “in presenza”. Se così fosse, si tratterebbe di una decisione che non può non lasciare almeno perplessi.
Dal 4 Marzo fino al 4 Maggio di quest’anno si è infatti considerato pericoloso andare per strada a gruppetti, anche distanziati, di 3 o 4 persone; gli eventuali contatti nei supermercati sono stati consentiti, ma solo in quanto ritenuti inevitabili, e regolati da distanziamenti; le scuole sono state chiuse anche per i consigli di classe, dove raramente sono presenti più di dieci persone. Durante questo periodo sono state elevate multe a chi veniva trovato, anche da solo, su una spiaggia a prendere il sole, perché un simile comportamento era ritenuto, evidentemente, pericoloso per la propria e altrui salute, e dunque non in linea con le disposizioni del governo che si proponevano di tutelarla. Tutte queste disposizioni - che si erano rese opportune, se non necessarie, anche in virtù della loro tardiva applicazione – hanno permesso di contenere la diffusione del virus, evitando che il sistema sanitario nazionale entrasse in crisi troppo presto.
Ora, dal 4 maggio prossimo, ci sarà una graduale riapertura delle attività industriali e commerciali, com’è giusto che sia per non decretare il fallimento del paese. Si correranno dei rischi aggiuntivi, ma questi saranno almeno giustificati dalla mancanza di alternative, perché per produrre certe cose o venderle è necessaria la presenza fisica sul posto di lavoro.
Per fortuna però, questo non è sempre indispensabile. Per l’insegnamento, ad esempio, che pur ha nel rapporto diretto e reale uno dei suoi fondamenti più importanti, si può ovviare per un certo periodo alla sua assenza, come in effetti è già successo in questi ultimi due mesi, grazie alla didattica a distanza, che ha dimostrato di riuscire a supplire la didattica in presenza con un’accettabile efficacia.
Anche alla luce di questa circostanza, il far svolgere gli esami di Stato in presenza non risulta indispensabile. In particolare, la “conferenza personale” di cui ha parlato il Presidente del consiglio la si potrebbe tenere tranquillamente in modalità remota, e nulla di sostanziale muterebbe nello svolgimento dell’esame. L’unica cosa da fare sarebbe l’accertarsi prima, e magari con un certo anticipo, che le postazioni da dove i candidati parleranno funzionino.
Certo, c’è chi dice che per gli studenti sia importante fare gli esami in presenza: perché è un evento unico nella loro vita ed è importante che poi ne abbiano un ricordo significativo. Ma per gli studenti maturandi era anche importante fare la loro ultima gita scolastica, e molti di loro non hanno potuto farla. Anche quella sarebbe stata per loro un ricordo significativo, ma hanno saputo rinunciarvi senza protestare troppo – a parte l’amarezza e il disappunto dei primi giorni – perché hanno capito che c’erano validi motivi per rinunciarvi.
Oggi molti ritengono che, nel periodo in cui si svolgeranno gli esami di maturità, la situazione sanitaria sarà migliorata, il contagio meno esteso e diffuso. Altri pensano che dopo la graduale riapertura prevista dal 4 maggio la situazione potrebbe essere peggiore di oggi. È notizia di qualche giorno fa che il Comitato Tecnico Scientifico ha previsto, in caso di un’ipotetica riapertura totale il 4 maggio, circa 150000 persone in terapia intensiva a giugno, di cui 50000 solo in virtù della riapertura delle scuole. Del resto, qualche sera prima il noto infettivologo Massimo Galli, persona tra le più affidabili e serie che siano attive nello scenario mediatico attuale, aveva ricordato che le aule scolastiche sono delle ottime incubatrici del Covid 19.
Di certo, il 17 di giugno non saranno mutate le condizioni in grado di favorire il contagio, che è particolarmente favorito, nell’ordine, da starnuti, colpi di tosse e fonazione. Anche se si ritiene che la distanza di un metro o due e le mascherine, specialmente alcuni tipi, siano in grado di limitare notevolmente le possibilità del contagio; e anche se i circa 500000 tamponi che si prevede di somministrare ai candidati e i circa 13000 destinati ai docenti dovrebbero ridurre questo rischio, non potranno però eliminarlo. Inoltre, contribuiranno a determinare quasi certamente, insieme alle esenzioni di eventuali immunodepressi, tutta una serie d’imprevisti e inconvenienti non da poco.
In ogni caso, anche tenendo conto di queste disposizioni prudenziali, è ragionevole presumere che 5 ore di fonazione pressoché continua per circa una settimana in ogni aula dove, alla presenza di 7 docenti (6 commissari interni e uno esterno) si dovrebbe tenere l’esame orale, producano, per circa 520000 persone coinvolte, una certa percentuale di contagi, e dunque di ricoverati in terapia intensiva, e dunque di decessi. Se soltanto per l’ipotetica riapertura delle scuole sono previsti circa 50000 ricoveri in terapia intensiva entro la fine di Giugno, almeno alcune centinaia potrebbero essere quelli provocati dai contagi contratti durante gli esami, con la conseguenza che potremmo avere almeno alcune decine di morti in più tra i familiari degli studenti, fra i docenti e, sebbene in percentuale molto minore, forse anche fra gli stessi studenti.
Di questi tempi ad alcuni potrà sembrare una cifra ragionevole, e forse lo sarebbe se fosse indispensabile correre questo rischio per evitare disagi e sofferenze in grado di provocare comunque altri morti per ragioni economiche. Ma così non è. Nulla di sostanziale muterebbe rispetto alla regolarità o all’efficacia dell’esame orale se lo si facesse a distanza. L’unica differenza, dunque, sarebbero alla fine quelle probabili decine di morti in più. Può darsi che chi dovesse prendere in via definitiva una simile decisione sia indifferente rispetto a questo inutile pericolo aggiuntivo a cui sottoporrebbe i cittadini, magari contando sul fatto che sia arduo poter ricondurre quei morti a questa loro decisione. Probabilmente, per chi ha una coscienza ancora viva tra coloro che sono chiamati a decidere, questa non si lascerebbe poi indurre facilmente al silenzio; di certo, riuscirebbe a farsi sentire bene la voce di quella dei parenti e degli amici delle vittime.