Cinque poesie da "Tantummodo vita"
La spina arroventata
Sei passata in una sera d’estate
davanti alla mia casa, ti sei avvicinata
alla finestra e ti sei affacciata.
Sul davanzale hai visto la pianta
del peperoncino, ne hai preso uno,
lo hai messo in bocca e per poco
non sei rimasta soffocata.
Poi hai fatto una smorfia:
“Questa casa è un calembour”, hai detto
dopo una breve occhiata,
e te ne sei andata.
Quella parola, così sonora,
s’è conficcata, come una spina acuta,
nella mia vita, come un destino
e il senso intero di ogni cosa svanita.
La siepe nel cuore
Una sera, ad una festa di amici,
ti ho trovata in un angolo
tra una ridda vaga di voci;
e mi sei sembrata un angelo
corsaro, sospesa sulle braci.
Se la tua anima sapesse il mio amore
tornerei ogni giorno a trovarla
per sentirne di mille baci il fragore
e rimarrei in silenzio ad ascoltarla
a osservarne con immoto fervore
la siepe segreta che porta nel cuore.
Kafka al mercato
Ho incontrato Kafka al mercato:
l’ho visto esitare di fronte a un banco
di frutta e poi assaggiare un’albicocca,
che forse non gli è piaciuta (era troppo acerba?),
e poi una fetta di prosciutto,
che pare invece aver apprezzato.
Quindi, si è recato al banco degli animali in gabbia,
dove ha comprato un uccellino giallo.
Kafka ora è qui, nostro ospite
sulla grande terrazza di fronte
al mare che s’incendia all’imbrunire
e in silenzio ci osserva e ci perdona.
Il suo uccellino cinguetta nella luce
di un ultimo raggio di sole e lancia
rapide occhiate dalla sua gabbia
verso il purpureo cielo, mentre canta una canzone
sottovoce, piena di una pietà rappresa,
e ci ricorda persino che esistiamo.
Domani Kafka ripartirà verso un luogo lontano.
Come ogni altra volta prenderà
congedo, ma questa volta lo farà con il suo canarino.
Partirà per un luogo segreto e vago,
dove nessuno lo potrà seguire o dovrà sopportare.
E lui sarà finalmente solo come un bambino,
sorpreso nel momento in cui sta per dimenticare
di sapere che non potrà più tornare.
Tarda primavera
La pietà, la leggerezza e lo stupore,
si sono dati appuntamento
nelle fossette di un angolo ombroso,
nella lieve eclissi di un sorriso,
nella voglia di giocare ancora
con un amore sul punto di svanire
che un obliquo raggio di sole
- in una sera di tarda primavera –
ha per sempre sorpreso sul tuo viso.
Su una carrozza d’argento
Se n’è andata su una carrozza d’argento
trainata da bianchi scalpitanti destrieri;
ha salutato con una mano e con un sorriso
come per una lunga vacanza e ha guardato
chi la salutava con affetto e stupore.
Non pensava che si potesse morire
per così poca cosa come il vivere
o un errore, per la paura sciocca di scomparire,
quando tutto l’incanto del mondo
ci conserva per sempre immoti nella corsa
e nel sogno dello stesso sorriso,
e anche un solo momento di gioia non potrà
mai essere stato invano, ma si staglierà ancora
e per sempre alto nel cielo sopra la strada
bianca dove la luna vedrà la carrozza ormai
vuota in lontananza per sempre sparire.