Il sentimento del gelo familiare

 

 

 

   Clarice Lispector, nata in Ucraina nel 1925 da famiglia ebrea russa e trasferitasi con i genitori in Brasile all’età di due anni, nel suo paese adottivo è apprezzata e amata quasi come un “classico”. Dopo aver letto i racconti contenuti in Legami familiari (Feltrinelli, 2006, pp. 121), potrà non risultare per molti un’impressione infondata. La Lispector è infatti una scrittrice priva d’artifici letterariamente innecessari, incapace di lusingare il lettore con trame accattivanti o con suggestioni non funzionali al racconto ed è invece interamente concentrata sui nodi essenziali della propria esperienza e sul loro alone implicitamente metafisico, in grado cioè di portare alla luce un senso dal groviglio di fatti o gesti quotidiani in cui ogni vita è immersa.

 

   Le sue storie, quasi prive d’architettura narrativa e tuttavia svolte secondo fini e segrete geometrie, sono per lo più centrate intorno a un solo personaggio, quasi sempre femminile. La sua prosa, almeno in questi racconti umbratili e seri, non è meno elegante o allusiva di quella della Blixen, mentre le circostanze umane su cui si sofferma sono forse meno rarefatte e caratterizzate da brevi scosse raggelanti, da piccoli colpi di scena che si verificano in modo silenzioso e naturale.

 

  In Amore, uno dei più belli, Ana, una giovane madre, incontra un cieco e in seguito a tale incontro è indotta a riconsiderare il suo amore per la vita, a tratti soffocante o venato di repulsione. Ne L’imitazione della Rosa Laura è incerta se donare a un’amica un mazzo di rose selvatiche – che, con un gesto audace, aveva comprato per sé al mercato - o tentare d’imitarne “l’estrema e perfetta tranquillità”; alla fine, disturbata dalla loro bellezza, per lei troppo rischiosa, si sentirà inadeguata a possederle. In Preziosità, una ragazza di quindici anni, mentre cammina verso la scuola, in un mattino più freddo del solito, con “le labbra chiuse e un portamento fiero” si accorge di due giovani uomini che procedono verso di lei. Nonostante sia consapevole della neces­sità di prevenirli, non per coraggio, ma per una sorta di “vocazione a un destino”, va loro incontro, e assiste senza guardarli al frangersi muto del loro desiderio sul suo corpo impietrito, alla loro paura della sua immobilità. In Buon Compleanno, una vecchia di ottantanove anni, “alta, magra imponente e scura”, mentre presiede al festeggiamento del suo anniversario, reagisce alle sterili cerimonie del suo parentado ottuso sputando sobriamente sul pavimento.

 

  Sia che si tratti di giovani ancora spaesate o di vecchie costernate e attonite, le protagoniste di questi Legami Familiari sembrano tutte inclini a lasciarsi sorprendere dal laccio della meditazione. Attente alle inquietudini più sorde e attratte dalle più esili prove d’amore, s’imbattono nei paradossi dei loro sentimenti e delle loro emozioni con pacato stupore e vi riflettono con tenace insistenza. Con un tono lieve e incalzante la Lispector passa in rassegna gli slanci e il gelo che regolano i loro legami quotidiani e dal suo sguardo penetrante e discreto scaturisce una polifonia di vita minuta in cui è confortante e bello poter riconoscere senza fatica lo scintillio delle tante altre brevi rivelazioni di cui è gremita ogni vita.

 

     

Clarice Lispector, Legami familiari, Feltrinelli, 2006, pp. 121