Le veglie della ragione

 

   In una conferenza tenuta nel 1860 Ivan Turgenev individuava in Amleto e Don Chisciotte due tipi fondamentali della natura umana, tipi che avrebbero permeato la letteratura russa del suo tempo ricomparendo a più riprese come modelli ideali di tanti personaggi. Amleti “sono gli introversi che tendono a radicalizzare i conflitti morali e a problematizzare il loro rapporto con le convenzioni sociali”; Don Chisciotte “sono coloro che tendono a lasciar correre le proprie azioni sul filo di motivazioni limpide, coraggiose ed ingenue".

   Un critico russo contemporaneo di Turgenev, Apollon Grigorev, appartenente all’area slavofila, distingueva due altri tipi umani, tra loro opposti e speculari: “i rapaci”, che vivono tutti calati nel presente, e “i miti”, che vivono proiettati nel passato o nel futuro. Sulla scia di Turgenev, di Grigorev, e in genere dei più illustri critici russi dell’ottocento, in un suo saggio ( Le veglie della ragione, Einaudi, pp. 295) Vittorio Strada si propone d’individuare le trasfigurazioni di modelli religiosi e letterari ricorrenti nel periodo della letteratura russa che va da Dostoevskij a Pasternak.
   Rapaci o miti, gli “Amleti” e i “Don Chisciotte” vi si confondono ed intrecciano, fino a formare nuovi caratteri che tuttavia lasciano riconoscere al loro interno i profili di quelle figure. Analizzando la genesi de L’Idiota di Dostoevskij, Strada mostra ad esempio come la psicologia del Principe Myskin sorga dalla confluenza dei modelli di Cristo e Don Chisciotte. Se da un lato infatti il Principe costituisce per gli altri personaggi del romanzo una cristiana possibilità di riconoscimento salvifico, d’altra parte 1’innocenza a volte maldestra del suo comportamento rivela una certa trasognata vocazione chisciottesca. Eroe “assolutamente bello”, come lo voleva Dostoevskij , l’Idiota attraversa la vicenda come un angelo esiliato cui sia stato momentaneamente concesso di trasformare la sua “bontà oltreumana” in intelligenza partecipe e terrena, intelligenza che gli permetterà di superare il proprio spaesamento iniziale esercitando una pietà sottile e irresistibile, capace d’illuminare gli altri, sebbene tardivamente, su i propri conflitti e le proprie aspirazioni più autentiche. Il personaggio dell’Idiota va così ad aggiungersi alla lunga serie di “uomini superflui” che, come il Pecorin di Lermontov o il Rudin di Turgenev, l’Oblomov di Gonciarov o l’Uomo ridicolo dello stesso Dostoevskij, sono tutti caratterizzati dalla consapevolezza della loro marginalità rispetto al contesto umano e sociale. Lasciando trasparire le fonti religiose e letterarie della loro spiritualità, gli uomini superflui, siano essi Amleti rapaci come lo Stavrogin dei “Demoni” o Don Chisciotte miti come il Principe Myskin, permettono a contrasti mitici e vicende iniziatiche di combinarsi in tessuti narrativi ariosi e vari, ricchi di punti di vista e di contrappunti psicologici.
   A testimonianza del ruolo svolto da tali miti e figure nella letteratura russa dell’ottocento, parlano le opere del secolo successivo, dove, a poco a poco , dall’inquieto amletismo di Zio Vania fino a quello iperbolico e surrealista del Vladimir Majakovskij di Majakovskij, i personaggi d’ispirazione chisciottesca sono sempre meno frequenti e gli Amleti sempre più rapaci e insonni, testimoni parziali delle veglie di una ragione eccentrica, incapace di dedicarsi all’ascolto delle segrete vocazioni degli uomini, che “come tanti sonagli sul berretto di un Dio buffone e deludente, incapace d’incarnarsi nella mitezza di Myskin o di Oblomov,  sanno farsi scuotere solo dalla supposta ostilità del suo arbitrio.

Vittorio Strada: Le veglie della ragione; Einaudi, pp. 295.