Un Dio oltre il Dio del teismo

  Il coraggio di esistere e la fede in un Dio non personale secondo Paul Tillich.


   Si può ipotizzare che il vero principio che sta alla base della creazione, o comunque della nascita dell’universo, sia il <<principio dell’informazione>>, ovvero ciò che permette a un’informazione, intesa come regola o legge, di autogenerarsi. Questo tipo d’informazione risiede per esempio nello stesso principio binario che sta alla base dell’omonimo calcolo e che, applicato alla dialettica hegeliana, può spiegare come l’essere si possa generare dal nulla. Un quid d’ipotetica materia iniziale, di densità pressoché infinita sarebbe in questo senso solo il pretesto per la nascita dell’universo proprio in virtù della sua capacità di trasfigurare un nulla - che, per essere se stesso, ha la necessità di percepirsi come un quid d’essere - nell’essere vero e proprio, quello dello spazio-tempo, quello che si dilata e contrae nell’universo come nel suo respiro.

 

   Questo quid d’essere costituisce l’incipit, il punto di volta in cui il nulla si trasforma nel suo opposto e in cui esistenza ed inesistenza si implicano reciprocamente, così come teismo e ateismo possono reciprocamente fondarsi e sostenersi. Una fede che non abbia come riferimento un Dio personale conduce infatti a questo tipo di relazione.

   Come sostiene Paul Tillich, “è opinione comune della teologia classica, praticamente in tutti i periodi della storia della Chiesa, che il predicato <<personale>> possa essere attribuito al divino solo simbolicamente, o per analogia, o se è affermato e negato allo stesso tempo. Senza un elemento di <<ateismo>> non si può coltivare nessun <<teismo>>.[1]

   Commentando questa tesi, Ronald Dworkin afferma, in un saggio recente, che “Tillich avanza l’idea di un dio personale solo come un modo per indicare qualcosa che non può essere descritto, un modo per indicare che è appropriato solo se il dio che proclama viene allo stesso tempo negato. Egli non intendeva dire che il dio personale è un simbolo di qualcosa che potrebbe essere più accuratamente definito un dio non-personale; intendeva dire che lo spirito di un’esperienza religiosa può essere espresso solo affermando e negando un dio personale allo stesso tempo”. Evocando in questo tentativo all'apparenza contraddittorio quell'atteggiamento umile che si dovrebbe avere verso la ragione incarnata dell'esistenza, faceva riferimento ad Einstein - che tendeva a negare un Dio personale (un Dio quale per esempio è stato raffigurato da Michelangelo nella Sistina) senza per questo potersi considerare ateo - e, più indirettamente, attraverso Einstein, anche a Spinoza.[2]

    In linea generale, secondo Tillich “il teismo può significare l’affermazione non specificata di Dio. In questo senso il teismo non dice quello che intende dire col nome di Dio. Per le implicazioni tradizionali e psicologiche della parola di Dio il teismo può generare, quando parla di Dio, un sentimento di religioso timore”.[3] In un’altra accezione, tuttavia, il teismo può avere un significato “totalmente contrario al primo: può denominare ciò che abbiamo chiamato l’incontro umano-divino. In questo caso richiama l’attenzione su quegli elementi della tradizione giudaico-cristiana che esaltano il rapporto personale con Dio. Il teismo così inteso esalta i passi personalistici della Bibbia e del credo protestante, l’immagine personalistica di Dio, la parola come strumento di creazione e rivelazione, il carattere etico e sociale del regno di Dio, la visione storica dell’universo, l’idea di uno scopo divino, l’infinita distanza fra il creatore e la creatura, la separazione assoluta fra Dio e il mondo, il conflitto fra Dio, santo, e l’uomo, peccaminoso, il carattere personale della preghiera e della devozione pratica. Il teismo, così inteso è l’aspetto non mistico della religione biblica e del Cristianesimo storico. L’ateismo, dal punto di vista di questo teismo, è il tentativo umano di evitare l’incontro umano – divino. È un problema esistenziale, non teorico”.[4]

   Ora “il teismo inteso nel primo senso va trasceso perché non è pertinente, e il teismo inteso nel secondo senso va trasceso perché è unilaterale”.[5] Più in particolare è necessario trascendere il teismo teologico: “infatti – scrive ancora Tillich – Dio soggetto mi trasforma in un oggetto che non è altro che un oggetto. Mi priva della mia soggettività perché è onnipotente e onnisciente. Io mi ribello e tento di trasformare lui in un oggetto, ma la ribellione fallisce e diventa disperata. Dio appare come il tiranno invincibile, l’essere di fronte al quale tutti gli altri esseri sono senza libertà e soggettività”.[6]

   Per non lasciarsi irretire e dominare da questo tiranno invincibile, per poterne trascendere il fascino rassicurante e trovare così il coraggio di esistere, è necessaria una <<fede assoluta>>: “essa consiste nell’accettare senza niente o nessuno che accetti. È il potere dell’essere in sé che accetta e dà il coraggio di esistere. Questo è il punto più alto a cui ci ha portato la nostra analisi. Esso non può essere descritto allo stesso modo del Dio di tutte le forme di teismo. Non può essere descritto nemmeno in termini mistici. Trascende il misticismo e l’incontro personale, così come trascende il coraggio di esistere come parte e il coraggio di esistere come se stessi”.[7]

   Il coraggio di esistere di cui parla Tillich si fonda, ha la sua causa unica e risolutiva, nella fede in un “Dio che è al di sopra di Dio. […] Il Dio al di sopra di Dio è l’oggetto di tutta l’aspirazione mistica, ma per giungere fino a lui deve essere trasceso anche il misticismo. Il misticismo non prende sul serio il concreto e il dubbio circa il concreto. Esso penetra direttamente nel fondamento dell’essere e del significato, lasciandosi dietro il concreto, il mondo dei valori e dei significati finiti. […]. Il Dio al di sopra del Dio del teismo non è la svalutazione dei significati che il dubbio ha gettato della mancanza di significato; è la loro potenziale rivalutazione. Tuttavia la fede assoluta concorda con la fede del misticismo in questo, che entrambe trascendono l’oggettivazione teistica di un Dio che è un essere. Per il misticismo un Dio simile non è più reale di qualunque essere finito, per il coraggio di esistere un Dio simile è scomparso nell’abisso della mancanza di significato con ogni altro valore e significato”.[8]

   Il Dio che si trova al di sopra del Dio del teismo è presente “in ogni incontro dell’umano col divino”,[9] e il coraggio di esistere ha per Tillich le sue radici proprio nell’esperienza che ci è consentito di averne, nella piena accettazione di questo incontro cui conduce e che “ci fa parte di quello che non è una parte, ma il fondamento della totalità”,[10] consentendoci di non smarrirci nel tutto che ci sommerge.

 



[1]P. Tillich, Science and Theology: a discussion with Einstein, in P. Tillich, Theology of Culture, Princeton, 1959, pp. 130-131; trad. it, in R. Dworkin, Religione senza Dio, trad. it. Bologna, 2014, p. 40.

[2]R. Dworkin, Religione senza Dio, cit., p. 40. Il Dio di Spinoza non ha, secondo Dworkin, nessuna scelta riguardo a ciò che è o sarà. Dal momento che Dio incarna le leggi della natura, Dio non può agire contrariamente a quelle leggi. Dio agisce meccanicamente e deterministicamente. Le cose sono tutte esattamente come devono essere (ivi, p. 42). Sempre Dworkin ricorda come Einstein citasse spesso Spinoza e ritenesse che il Dio di Spinoza fosse anche il suo (cfr., ivi. P. 43). La differenza tra Tillich e Einstein su questo tema si ridurrebbe al fatto che secondo Einstein la visione religiosa della vita poteva essere meglio espressa “negando un dio personale, e Tillich pensava invece, più misticamente, fosse espressa al meglio negando e al tempo stesso affermando un tale dio. Forse dovremmo dire che Tillich era sia un teista religioso sia un ateo religioso che credeva che il carattere <<numinoso>> dell’esperienza religiosa cancellasse la differenza fra di loro” (ivi, p. 41). Lo stesso Dworkin afferma che è importante per avere l’impulso a vivere bene è importante “la convinzione che ci sia, indipendentemente e oggettivamente, un modo corretto di vivere. […] Sotto questo aspetto assolutamente fondamentale i teisti religiosi e gli atei religiosi stanno dalla stessa parte” (ivi, p. 125).

[3] P. Tillich, Il coraggio di esistere, trad. it. Roma 1968, p. 131.

[4] Ivi, p. 132.

[5] Ivi, p. 133.

[6] Ibidem.

[7] Ivi, pp. 133-134.

[8] Ivi, p. 134.

[9]  Ibidem.

[10] Cfr., ivi, p. 135.