Costantinopoli, Lucca e la libertà racchiusa in una biblioteca
Nel capitolo XXI de Il Leviatano (1651), Thomas Hobbes ricorda come sulle torri della città di Lucca fosse scritta la parola Libertas e propone un paragone, tanto esemplare quanto in apparenza improbabile, tra questa piccola città italiana, industriosa e ricca, ma politicamente non particolarmente influente o rilevante, e Costantinopoli, ovvero la Seconda Roma e la capitale dell’impero romano d’oriente. Secondo Hobbes infatti i cittadini delle due città godono della stessa libertà, dato che nessun singolo ha più libertà o immunità dal servizio allo Stato a Lucca che a Costantinopoli: “sia che lo Stato sia monarchico o popolare, la libertà è sempre la stessa”. La libertà di cui Hobbes ci parla è quella dei Greci e dei Romani, “non è la libertà degli uomini singoli, ma la libertà dello Stato”. Infatti gli ateniesi e i romani erano liberi in quanto vivevano in Stati liberi, non perché i singoli avessero la libertà dai propri governanti, ma perché i loro governanti avevano la libertà di resistere a un altro popolo o di aggredirlo.
La scritta Libertas sopravvive ancora oggi a Lucca, scolpita al vertice di Porta San Pietro, dove campeggia anche in memoria dell’indipendenza conseguita da Pisa l’8 aprile del 1369. Di questo genere di libertà, intesa come indipendenza, Lucca era considerata, anche nel XVII secolo, un esempio significativo. Ma essa era anche un simbolo della libertà civica repubblicana e occidentale, così come Costantinopoli lo era della tirannide orientale: nessuna delle due era per Hobbes priva di difetti ed entrambe, se amministrate in modo corretto, potevano garantire la pace e il benessere dei cittadini.
Quando a Parigi, nel 1794, era in corso il grande terrore e venivano mandati alla ghigliottina George Danton, Camille Desmoulins e altri rivoluzionari della prima ora insieme a molte altre centinaia di persone a Lucca veniva aperta la biblioteca governativa, che ancora oggi conserva una preziosa edizione di quell’Encyclopédie che della rivoluzione del 1789 costituì, con i valori illuministi di cui era portatrice, una delle premesse storiche.
Ebbene, questa ricca e antica biblioteca, che comprende 464.250 opere a stampa fra volumi e opuscoli, 4323 manoscritti (volumi), 20659 (sciolti), 835 incunaboli, circa 12.000 cinquecentine, 3166 periodici, nonché numerosi scritti e carteggi d’illustri personaggi, artisti, poeti, scrittori o musicisti che hanno dato lustro alla città, quest’antica e ricca biblioteca ad aprile verrà chiusa per “mancanza di personale”.
La motivazione non può che lasciare basiti, perché se il personale manca è compito del Ministero dei beni culturali reperirlo in tempo utile per mantenerla aperta e funzionante e il non averlo già fatto costituisce una responsabilità non di poco conto. Per far fronte a questa desolante situazione è partita una petizione di cittadini che potrà essere sottoscritta fino al 28 febbraio in modalità informatica, tramite il sito www.amicimachiavelli.it (il Liceo classico Niccolò Machiavelli di Lucca è uno dei più antichi d’Italia e ha avuto diversi docenti e allievi illustri, come ad esempio Giorgio Colli, tra i primi, e Giuliano Amato, tra i secondi) e in modalità tradizionale su specifici moduli cartacei.
Il testo della petizione No alla chiusura della Biblioteca Statale di Lucca recita come segue: “I sottoscritti, donne e uomini convinti che la diffusione della cultura sia l’unica garanzia delle libertà democratiche, preso atto che la Biblioteca Statale di Lucca sta per chiudere per mancanza di personale, considerato che la chiusura reca grave danno alla città, perché viene a mancare non solo un essenziale luogo di incontro e scambio culturale, ma anche il luogo deputato alla custodia della tradizione culturale locale; agli studiosi e ai ricercatori, che vedono venir meno la possibilità di consultare le sue ricche collezioni, importantissime per lo studio della formazione della cultura europea dal Medioevo fino almeno alla metà del XIX secolo; agli studi internazionali, perché viene meno anche la possibilità di ottenere riproduzioni di opere uniche, basti pensare al Liber divinorum operum di Ildegarda di Bingen, all’edizione di Lucca dell’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert, alle lettere di Puccini; considerato che in assenza di personale, anche le funzioni di conservazione del patrimonio subiscono grave pregiudizio, chiedono che il ministro intervenga assegnando unità di personale in tempo utile per scongiurare la chiusura prevista per l’1 aprile 2021, quando saranno venute meno le condizioni di sicurezza per consentire l’apertura al pubblico”.
A questa petizione si sono associati sia la giunta comunale e il sindaco, Alessandro Tambellini, secondo il quale “è in atto da anni una vera e propria smobilitazione del Ministero dei Beni Culturali dal territorio”, sia le forze politiche di opposizione presenti in consiglio comunale, che con parole non meno energiche hanno preso posizione contro la chiusura della biblioteca, dimostrando come, quando si tratta di difendere la propria storica Libertas unitamente alla vita culturale della città, sia ancora possibile trovare una qualche compattezza intorno a dei valori condivisi. Tali valori sono stati posti in chiara evidenza dal comunicato della dirigente dell’Isi Machiavelli Mariacristina Pettorini, in cui si sottolinea “la funzione importantissima svolta dalle biblioteche, le quali rappresentano fin dalle origini un luogo di accesso alla cultura e alla libera informazione, mezzi indispensabili per raggiungere le Libertà democratiche”.
Compare dunque, anche in queste dichiarazioni, un riferimento a quella stessa Libertà impressa sulle porte della città. Ai tempi di Hobbes Lucca era infatti una delle tante città-repubblica italiane in cui la libertà, nel senso che abbiamo specificato, era considerata un valore imprescindibile. Pare tuttavia improbabile che qualche autorità competente - ai tempi di Hobbes o pochi decenni dopo, ovvero quando la biblioteca nacque, verso la fine del XVIII secolo, in una sede diversa da quella attuale - potesse arrivare a chiudere per simili motivi un riferimento così importante per i cittadini e per la custodia della loro stessa Libertas.
Oggi, invece, questo scenario si profila come molto probabile. A ripensarci, la motivazione lascia sempre più sconcertati: “mancanza di personale”! Stando così le cose, non resta che aspettarci il peggio dal Ministero preposto, con la chiusura per analoghi motivi di altre biblioteche storiche e, perché no, anche di non meno importanti musei e luoghi d’interesse culturale. In fondo è vero: per organizzare dei concorsi ci vuole tempo, specialmente se ci si accorge di doverli fare con un certo ritardo, e allora magari toccherà chiudere musei o biblioteche proprio quando si sarebbe potuti tornare a usufruirne tranquillamente dopo i tempi difficili della pandemia. Ma forse ormai è proprio questo il problema: dopo tante chiusure, una più o una meno non fa più un grand’effetto, anche quando culturalmente e simbolicamente grave e facilmente evitabile.