I gesuiti e la storia dell'infusione del Mate
UNA CONSIDERAZIONE STORICA RIGUARDO L’INFUSIONE DEL MATE: IL CASO DELLE MISSIONI GESUITE-GUARANÌ
Di Sergio Alfredo Sciglitano
In questa relazione, si presenterà una considerazione storica riguardo l’infusione del mate. Il caso selezionato si riferisce alla relazione che ha avuto con le missioni gesuite-guaranì dal XVII al XVIII secolo, in una grande zona geografica nel sud dell’America Latina.
Questa relazione è una considerazione storica dal carattere divulgativo, non uno studio dettagliato.
La prospettiva dalla quale volge la questione è storica, ma dentro essa potremo visualizzare alcuni suggerimenti interessanti riguardo la questione della storia delle tradizioni popolari (VILLANUEVA, A. 2008), e dell’ inculturazione (PEELMAN, A. 1988) della religione cattolica (AGUIRRE, R.; ENRÍQUEZ, L. 2010). In più potremo concepire alcuni aspetti della storia delle abitudini alimentari, della farmacopea, della storia naturale e delle scienze della salute, concepite in una dimensione olistica.
Gli studi sulla storia delle scienze e sulla tecnologia in America Latina sono attualmente concentrati nelle peculiarità dei casi locali, tentando di superare le visioni diffusioniste (che concepivano le scienze e le tecniche come un'invenzione essenzialmente europea, da diffondere per imitazione in periferia). In questa prospettiva diffusionista, l’americano George Basalla propose alla fine degli anni 60 queste sequenze:
a) una prima tappa, caratterizzata dalla presenza europea degli scienziati-viaggiatori, che una volta ritornati in Europa, portavano i risultati delle loro ricerche, per essere infine valutati e utilizzati dalle nazioni che avevano sviluppato una cultura scientifica moderna;
b) la seconda tappa, che corrispondeva a quella della scienza coloniale, dove già si distingueva una scienza locale, ma ancora molto dipendente dalle metropoli europee, si potrebbe concepire come una specie di laboratorio dipendente;
c) in questa terza tappa si sviluppa un processo di scienza nazionale, indipendente dai grandi centri di produzione. (BASALLA, G. 1997).
Nuove prospettive si stanno sostituendo a queste visoni diffusioniste, come per esempio, quelle delle ricerche realizzate da Emilio Quevedo, il quale sottolinea che dobbiamo capire il processo di nascita della scienza moderna in America Latina come controverso. Dobbiamo andare oltre l'analisi delle forme associative della logica interna dei processi cognitivi europei e la loro diffusione passiva nel Nuovo Mondo (QUEVEDO, E. 1993). Si tratta di visualizzare le interazioni e gli interessi differenti delle parti sociali coinvolte tra il centro e la periferia, nel caso delle scienze e delle tecniche.
Nel caso della “specificità” in questione, si transiterà per una via che accetti le lacune e le biforcazioni, dove in più si sovrappongono elementi delle più varie combinazioni, in una prospettiva di lunga durata.
È opportuno notare che il "mondo dell’erba mate", non è stato affrontato in modo sistematico come un argomento all'interno della storia naturale della scienza in Argentina. Generalmente è considerata come una questione più relazionata al folklore e all’antropologia che alla storia naturale (e alla storia delle scienze); intraprendere uno studio in questa prospettiva, ci darebbe l'opportunità di chiarire molte questioni ancora sconosciute di questo "mondo" dove si articolarono dimensioni molto diverse.
L’erba mate non entrò nel ciclo produttivo del modello agro-esportatore argentino, neanche in quello dell’esportazione del caffè del Brasile, che caratterizzò le economie dipendenti dalla Gran Bretagna, durante il XIX secolo latinoamericano, dato che gli europei non consumavano questo prodotto locale.
Oggi l’infusione del mate si consuma in Paraguay, Uruguay, Argentina e nel sud del Brasile. Si consuma in quantità minore in Cile, Bolivia e Perù. Questa infusione è per i latini l’equivalente del consumo del tè nel mondo orientale e del caffè in Europa, Stati Uniti e delle nazioni settentrionali dell’America Latina.
Il ciclo produttivo dell’erba occupa una parte importante nell’economia regionale nella provincia argentina di Misiones. Dal 1920 ad oggi in questa provincia si coltiva e si produce il 90% dell’erba mate. Costituisce la produzione caratteristica della regione misionera e l’asse della dimensione economica della sua società. (de SAGASTIZÁBAL, L. 1984).
Una delle peculiarità del consumo di questa infusione è la sua abitudine sociale, bevuta sia tra due o più persone e sia in modo personale.
Nel linguaggio sociale, l’azione del bere il mate si chiama “matear”. Nel dizionario de La Lengua Española (1999) si denomina “matear” l’azione di bere il mate ripetutamente. Nel caso dell'Argentina, nel dizionario si evidenzia la riunione in cui più persone si riuniscono per bere il mate. “Cebar” mate è prepararlo aggiungendo acqua calda nel contenitore e darlo in mano ad un’altra persona.
La presentazione di questa considerazione storica mira a diffondere la storia di questa singolare abitudine sociale. Oggi è un’abitudine alimentare ed è incorporata nella dieta della maggior parte delle società del Cono Sud.
La conoscenza dei suoi precedenti storici, ci potrà offrire un’interessante esperienza del passato, dove convergevano interessi materiali: economici, alimentari, simbolici e sociali tra i vari gruppi etnici. Questa esperienza potrebbe essere concepita nel quadro del fenomeno del sincretismo, che si è rivelato prolifico in tutta l'America Latina. In questo sincretismo, si fusero (con intensità variabile tra regioni e nazioni) pratiche materiali e mondi simbolici degli indigeni con gli europei. Il sincretismo religioso è stato una delle prove più chiare.
La penetrazione europea in America avvenne per via delle profonde trasformazioni politiche ed economiche dell’Europa durante XVI secolo. Alcuni economisti ritengono che le relazioni tra l'Europa e l'America dovrebbero essere inquadrate nella cosiddetta economia-mondo. (WALLERSTEIN, I. 1979).
I motivi dell'espansione europea furono la necessità di rifornirsi di metalli preziosi, di trovare nuove rotte verso l'Oriente e di trovare nuove terre. In più, dobbiamo aggiungere le preoccupazioni simboliche, in particolare, l'espansione spirituale del cristianesimo (che nei decenni precedenti era stato convogliato verso oriente, con il fenomeno delle Crociate).
Non ci soffermeremo sulla storia della conquista dell’America, e le diverse specificità che si sono verificate nei nostri vasti territori. Tuttavia, può essere generalizzata l’affermazione che le perdite umane delle popolazioni native furono innumerevoli e ingiustificate. La distruzione delle società e delle culture fu di dimensione colossale.
Una delle caratteristiche delle società latinoamericane è il miscuglio delle etnie che iniziò dalla scoperta continente sudamericano e che fu sempre più di maggiore portata durante gli anni dei Vicereami e durante la nascita degli Stati Nazionali. Se bene questa peculiarità formò una società meno razzista di quella dell’America del Nord, le differenze sociali causate dal colore della pelle furono protagoniste, in quanto buona parte della storia dell’America Latina venne segnata dalle differenze di caste.
È opportuno citare il caso del conquistatore Hernán Cortés con Malinche, che fu sia sua interprete che concubina e che da questa unione nacque Martín Cortés, uno dei primi meticci messicani. Questo fatto, chiamato “malinchismo” secondo lo scrittore Octavio Paz, fonda la nazionalità messicana-meticcia, che nacque dalla violenza. (PAZ, O. 2004).
In alcune regioni geografiche americane, ci furono alcune eccezzioni in cui i popoli nativi convissero con alcuni europei tranquillamente, senza violenza. Alcuni autori, hanno affermato che il cristianesimo in America Latina ha favorito i fermenti per la libertà umana, anche se in molti casi si è deviato nelle sue pratiche per altri cammini.(ZAVALA, S. 1947).
In questo caso potremmo vedere che il meticciato ha portato anche ad una notevole sincretismo religioso.
Il caso delle missioni gesuite-guaranì, potrebbe essere concepito in una prospettiva di esperienza umanitaria tra nativi ed europei. Convivenza che si produsse tra ambiguità e armonie, di gruppi umani molto diversi, con interessi differenti, che nonostante questo produsse una peculiare esperienza storica.
L’infusione del mate emerge precisamente in questi interstizi di convivenza e comunicazione; intorno a questa infusione si schierò un vero “mondo”, che coinvolse le comunità guaraní, gli europei e più tardi i “criollos” delle Nazioni del Cono Sud.
Il mate era presente in quasi tutti gli eventi storici delle nazioni coinvolte nella lotta per l’indipendenza dalla Spagna, durante il XIX secolo e durante gli eventi storici del XX secolo.
Alcuni ricercatori hanno rintracciato la presenza dell'erba mate nella cultura Inca, ma nelle comunità andine, non era consumata come infusione, ma masticata. Nel caso guaranì possiamo vedere l’interazione sociale delle abitudini socio-alimentari che si dispiegarono in un lungo periodo. Da allora, pur con qualche parentesi, possiamo rintracciare le dinamiche della tradizione e dell’innovazione. Va notato che attualmente il fenomeno della preparazione è dentro i processi produttivi-tecnologici più avanzati.
L’infusione del mate era:
a) in primo luogo legata al popolo guaranì, che beveva l’infusione in un recipiente di zucca con una piccola canna. L’usanza, del “matear” è tracciabile, dal periodo in cui si stabilirono in Paraguay, Argentina e Brasile, dove trovarono le piante selvatiche.
I popoli guaranì provenivano dalla foresta amazzonica e scesero più giù attraverso i grandi itinerari geografici dei fiumi Paraná e Paraguay, stabilendosi sulle pendici di questi fiumi. Una delle loro peculiari abilità fu quella della costruzione di agili canoe, che permise loro sia di muoversi rapidamente che strategicamente nelle varie guerre contro gli altri popoli indiani, contro gli spagnoli e contro i portoghesi.
Nel secolo XVI, all’arrivo degli europei, vivevano in piccoli villaggi nelle vicinanze di Asunción del Paraguay e in Argentina nelle province di Corrientes, Misiones e in minore quantità nella provincia di Chaco.
Erano organizzati in gruppi famigliari, che formavano un villaggio abbastanza grande protetto attraverso una grande palizzata.
A differenza di altri popoli nativi (dediti esclusivamente alla caccia ed alla pesca), i guaranì erano comunità agricole, di mais, patate dolci, manioca, zucca, fagioli, arachidi e caáy, o erba mate.
La tecnica di coltivo venne chiamata “milpa” o “roza” che consisteva nel coltivare piccoli appezzamenti da due a cinque anni. Quando questi terreni diventavano improduttivi, con le loro canoe si trasferivano in terre che consideravano più fertili.
Si dedicavano anche alla lavorazione della ceramica e del vimine, e con l'arrivo dei gesuiti, il loro potenziale creativo venne incanalato in vari eventi socio-culturali. (MELIÁ, B.; TEMPLE, D. 2004).
b) In secondo luogo legata al sistema economico spagnolo, dato che i colonizzatori, scoprirono rapidamente il potenziale finanziario che avrebbe avuto la commercializzazione dell’erba mate. L’operazione fu così disumana, che don Diego Altamirano, sacerdote gesuita scrisse un rapporto in cui denunciò l’operazione di spopolamento di Asunción, in cui i guaranì venivano trasferiti nella foresta per raccogliere le foglie dell’erba mate. (ALTAMIRANO, D. en: RODRÍGUEZ MOLAS, R. 1985). In poco tempo, la pratica operativa cadde in disuso. Tuttavia, in seguito prosperò, come vedremo più in avanti. Quando nel 1536, gli spagnoli occuparono il Paraguay, videro immediatamente l’usanza del consumo del mate da parte delle comunità autoctone.
c) In terzo luogo l’infusione del mate, era legata al rapporto sociale e religioso, quella del popolo guaraní e quella dei sacerdoti della Compagnia di Gesù.(WOODROW, A.1985). In questa relazione ci fermeremo in questa particolare esperienza.
In realtà, i primi religiosi che osservarono l’usanza del bere mate furono i frati francescani e poi i frati dominicani. Entrambi non lo accettarono come qualcosa benefica, ma come qualcosa viziosa.
Le missioni gesuite-guaraní servirono per evangelizzare questo popolo.
Quest’esperienza sociale, potrebbe essere inquadrata nel concetto usato dall'antropologia contemporanea, orientamento cristiano di inculturazione. Questa metodologia è stata incipiente tra gli altri ordini religiosi e acquisirà con i gesuiti una nuova dimensione.
I ricercatori Vittorio Volpi (VOLPI, V. 2005) e Augusto Luca (LUCA, A. 2005) studiarono il caso delle strategie usate in Asia orientale del gesuita Alessandro Valignano per evangelizzare i popoli autoctoni.
Non è irragionevole pensare che molte di queste strategie sono state evocate anche dai gesuiti che evangelizzarono in Sud America, dato che nei collegi della Compagnia esistevano degli archivi di lettere. Prendiamo, per esempio, il caso delle tre lettere, inviate in Italia, tra il 1729 e il 1730, da Río de La Plata da padre Gaetano Cattaneo a suo fratello. Queste lettere vennero pubblicate nel 1743, da Ludovico Antonio Muratori, che scrisse il famoso saggio “Cristianesimo felice nelle missioni de' padri della Compagnia di Gesù nel Paraguay”. (COLLO, P.1985).
A Roma, il Collegio Romano (VILLOSLADA, R. G. 1954) fu una delle grandi sedi centrali sia della Compagnia di Gesù che di scambi di informazioni. È da menzionare che il celebre astronomo Athanasius Kircher, amico di Galileo Galiei, receveva con abbastanza regolarità informazioni astronomica dal missionario gesuita Niccolò Mascardi, nelle missione patagoniche, vicino al lago Nahuel Huapi, che attualmente si estende tra le province di Río Negro e Neuquén.
In Cina, ottenne particolare rilievo la figura di padre Matteo Ricci, che secondo gli esperti in materia, inaugurò una nuova metodologia per l’evangelizzazione. Questa strategia consistette nel valorizzare la cultura cinese, studiare la lingua per poter dialogare con loro e trasmettere il Vangelo. (FONTANA, M. 2005). Padre Ricci fu uno dei pochi europei, ad essere accettato dalla corte imperiale cinese. Una delle peculiarità di questo scambio, fu la traduzione che Matteo Ricci fece dell’opera matemática Gli Elementi di Euclide. In questa prospettiva, siamo in grado di visualizzare chiaramente che lo scambio non fu solo religioso.
Le missioni gesuite-guaraní venivano fatte in una vasta area geografica nel nord-est mesopotamico (attuali province argentine di Corrientes e Misiones) e in territori adiacenti agli stati attuali Paraguay e Brasile.
Dopo la scoperta dell'America (BUENO, G. 1989) e la conquista, la chiesa cattolica spagnola immediatamente iniziò a voler civilizzare e convertire i popoli nativi.
Il compito, porrà molte volte in tensione il comportamento della maggior parte degli spagnoli che sfruttavano indiscriminatamente gli indiani. Per questo motivo alcuni sacerdoti di diversi ordini, denunciavano questi avvenimenti. Il caso paradigmatico fu quello della difesa di padre Fray Bartolomé de las Casas (de LAS CASAS, B. 1951), (BATAILLON, M.1994). All'interno della stessa istituzione ecclesiastica, padre Juan Ginés de Sepúlveda, per citare uno di loro, adottò un atteggiamento più vicino a quello dei conquistatori spagnoli (di Sepulveda, JJ 1951) giustificando la superiorità europea.
La questione della scoperta, la conquista e la colonizzazione dell'America e del trattamento degli spagnoli con le popolazioni indigene è un tema fondamentale nella storia dell'America coloniale, abbondantemente discusso. Mi limito a sottolineare alcuni testi che sono fondamentali per comprendere questa fase storica: (CAHUNU, P. 1973) (PORTILLA, L. M. 1980), (GARCÍA CÁRCEL, R.; et alter. 1990), (HALPERÍN DONGHI, T. 1985), (NOYA, G. 2009), (TODOROV, T. 1992), (FERNÁNDEZ HERRERO, B. 1992) ecc.
Dal momento in cui arrivano i primi francescani in America, la chiesa cattolica inizia l’evangelizzazione metodica attraverso lo studio sistematico delle lingue più parlate dagli indigeni, nel caso del Messico: zapoteca, tarasca; in America del sud il quechua, la lingua araucana ecc. Nacque in questo modo, la strategia di inculturazione, al fine di costruire un ponte di comunicazione tra culture diverse.
Tale abitudine venne praticata anche dai gesuiti, una volta arrivati nel sud del subcontinente, con la lingua guaraní. Si potrebbe sostenere che i religiosi crearono una vera linguistica missionaria spagnola (SUÁREZ ROCA, J. L. 1992) come dimostra questo investigatore spagnolo.
I padri della Compagnia di Gesù, continuarono a fare le descrizioni sull’America.
Ricordiamo che per prima volta venne dato l’incarico di “cronista ufficiale del regno di Spagna”, all’umanista italiano Pietro Martire d’Anghiera.
Un’altra grande cronaca sull’America fu scritta dal frate francescano Bernardino de Sahagun, chiamata Storia delle cose della Nuova Spagna, dodici volumi scritti in spagnolo ed in nahuatl. L’opera fu regalata dal re spagnolo Filippo II al principe Fancesco I de’ Medici, ed ora si trova nella Biblioteca Laurenziana con il nome Il Codice Fiorentino.
Sempre riguardo questo argomento, i padri Pedro Lozano, José Guevara, y José Sánchez Labrador e il religioso Pedro de Montenegro, scrissero storie naturali e civili sul Paraguay. Queste opere non possono essere considerate dei trattati scientifici, ma hanno gettato le basi per informare in modo dettagliato agli studiosi viaggiatori come Alessandro Malaspina e Alexander Von Humboldt, tutto riguardo la natura americana.
Lo storico della scienza, l’argentino Miguel de Asúa, afferma:
“Le classificazioni del mondo naturale che incontriamo in esse sono una miscela di tassonomie flok dei gruppi indigeni ed il modo di raggruppare le piante e gli animali della precoce modernità europea” (DE ASÚA, M. 2010:28).
I gesuiti entrarono in America da due zone differenti: il primo gruppo entrò dal Brasile e fu così importante da fondare un paese che dopo diventerà l’attuale città di San Paolo. Padre José de Anchieta, fondò questo paese nel 1553, dato che l’impronta gesuita in questa zona fu notevole.
Il secondo gruppo arrivò in Messico nel 1572 e dopo essersi stabilito, iniziarono a scendere per il corridoio andino, fino ad arrivare in Perù.
Una volta stabiliti nella capitale peruviana, decisero che un altro gruppo si sarebbe dovuto trasferire ad Asunción. Da lí, nel 1609, un gruppo di gesuiti partirono da Asunción per andare nella provincia argentina di Chaco e da lì iniziarono ad avvicinarsi sempre più alle rive dei fiumi Guayrá y Paraná.
I gesuiti, all’arrivo in queste regioni, incontrarono molti popoli,che venivano perseguitati dai bandeirantes per schiavizzarli.Questi uomini chiamati bandeirantes (esploratori), erano creoli di origine portoghese, che arrivarono fino al sud-ovest del Brasile, e non appartenevano all’esercito portoghese. Grazie alle loro incursioni, il Portogallo conquistò sempre più territori.
L’arrivo dei gesuiti, fu per queste popolazioni, un’opportunità di protezione. L’ascendente che i gesuiti ebbero tra i guaraní, era legato a questa esperienza, dato che altrimenti sarebbero rimasti prede dei bandeirantes. Nella storiografia brasiliana, questi soggetti sociali furono considerati benefici per l’espansione geopolitica del Brasile. (D´ESCRAGUELLE, A. 1951).
Quando i gesuiti arrivarono al Cono Sud, non incontrarono una cultura unificata come quella cinese. I popoli autoctoni erano nomadi e non avevano sviluppato una cultura urbana. Si spostavano liberamente nei vasti territori che oggi occupano Paraguay, nord-ovest dell’Argentina, Uruguay e sud del Brasile.
L’interesse che i gesuiti dedicarono allo studio e dopo all’erba mate, potrebbe essere letta nella stessa linea dell’azione pastorale che venne fatta in Cina, dell’incorporazione dei valori autoctoni, con uno speciale interesse nel descrivere il mondo naturale e umano.
Ritornando all’argomento dei primi insediamenti dei gesuiti nella regione del fiume Guayrá, dobbiamo dire che formarono circa venti popoli. Questi insediamenti urbani furono rasi al suolo dai bandeirantes: di 50.000 nativi, sopravvissero 12.000. Prima di questa situazione, i gesuiti cercarono di convincerli ad abbandonare questo spazio e trasferirsi a bordo di 7000 zattere, vicino le rive dei fiumi Paraná e Uruguay. Si stabilirono lì sia per la sicurezza ed anche per l’ottima fertilità della terra.
Le missioni gesuite-guaraní furono una specie di stato, dentro l’esteso stato spagnolo in America. Uno dei maggiori ostacoli per l’evangelizzazione fu quello della continua dispersione degli indigeni,dato che erano nomadi. La soluzione per questo problema fu la creazione di queste missioni o paesi, chiamati anche “riduzioni”.
A capo di ogni missione o paese, c’era un gesuita accompagnato da uno o due religiosi, in base al numero degli abitanti. Essi presidiavano tutta la struttura politica-religiosa, economica, sociale e militare. Tuttavia, esistevano dentro le missioni, i cabildos come in tutte le città d’America, che erano le massime istituzioni amministrative formate dai cittadini proprietari. Nel caso delle missioni, erano formate dagli indigeni ed i capi che presidiavano questi cabildos erano i caciques. I gesuiti rispettavano questo regime di cacicazgo. È certo che molti considerarono le missioni come uno stato teocratico, dato che i gesuiti dipendevano direttamente dal Papa.
Amministrativamente e politicamente l’organizzazione dipendeva dal governatore di Buenos Aires, dalla Real Audiencia de Charcas, dal Viceré del Perù e dal Re di Spagna. In questa prospettiva, tutti gli indigeni erano vassalli del Re e dovevano pagare in moneta un tributo. In realtà, era un tributo minimo ed erano esclusi i caciques e le loro famiglie. Dall’altra parte, i gesuiti, dipendevano direttamente dello Stato Pontificio, e riguardo le giurisdizioni, non mancarono conflitti tra l’amministrazione Reale Spagnola e l’amministrazione ecclesiastica. Il conflitto finale finì con l’espulsione dei gesuiti da parte del Re di Spagna.
Le missioni si stanziarono strategicamente vicino al Brasile, lontani da Asunción, per proteggere i guaraní dagli abusi degli spagnoli. Così iniziarono i conflitti tra i guaraní (che la corona spagnola aveva autorizzato ad armarsi), ed i brasiliani bandeirantes, i quali persero tante volte contro i guaranì.
In questo modo, le missioni iniziarono a svilupparsied arrivare all’apogeo. Secondo le statistiche gesuite, in un territorio che si estese su una superficie di 650 km da sud a nord e di 600 km da est ad ovest, c’erano tra 150.000 a 300.000 abitanti.
Il tracciato urbano delle missioni seguiva un ordinamento simile in tutti i paesi: al centro la piazza, ad un lato la chiesa, la casa dei religiosi, le scuole, le officine, i depositi, le case delle vedove e degli orfani. Nel resto dei tre lati si distribuivano le case dei nativi.
Il loro sistema economico era agricolo, principalmente coltivavano cotone, patate, madioca, mais, tabacco, canna da zucchero ed erba mate. In più, era abbondante l’allevamento dei bovini, degli ovini ed degli equin. I gesuiti insegnarono ai guaraní la lavorazione del cuoio, del legno, della pietra e lacottura dei mattoni. Una delle grandi novità fu quella della creazione di una grande tipografia, che può essere considerata la prima nella zona Río de La Plata.
Le missioni organizzavano in più il lavoro, l’educazione orientata verso i diversi mestieri, l’igiene e la sanità. Ci sono testimonianze dell’opera musicale che si produsse da questa interazione culturale. Le attuali rovine delle missioni, testimoniano la colossale opera architettonica di stile barocco che costruirono i guaraní sotto la guida dei gesuiti.
Nello spazio geografico già nominato, si stabilirono le 33 missioni ed occuparono quello che attualmente appartiene alle province argentine di Misiones, Corrientes, Chaco, Formosa ed una piccola parte di Santa Fe; ed anche quello che attualmente appartiene allo stato del Paraná in Brasil ed ai dipartimenti uruguaiani di Tacuarembó, Paysandú, Artigas, Salto e Río Negro. La prima fu fondata nel 1610 con il nome San Ignacio Guazú. (HERNÁNDEZ, S. A. 1992).
Fermiamoci ora sul caso dell’erba mate.
Come ho detto prima, gli spagnoli capirono subito che queste piante e la raccolta delle sue foglie sarebbero state una grandissima risorsa economica. In un primo momento, proibirono il suo consumo. Nel 1596, il funzionario della corona Alonso de la Madrid la proibì, dato che la considerava come un vizio.
In più, alcuni religiosi, una volta che fu approvata la proibizione, denunciarono lo sfruttamento estenuante, come il caso del gesuita Diego Altamirano (RODRÍGUEZ MOLAS, R. 1985:268-271). Il sacerdote scrisse che in caso i funzionari spagnoli avessero continuato ad utilizzare la mano d’opera indigena per la raccolta delle foglie del mate, avrebbero svuotato le città. Il gesuita si referì alla città di Asunción.
Altri sacerdoti si diffidarono dell’infusione e si opposero al consumo, dato che la paragonavano alle sostanze stupefacenti.
Il gesuita Diego de Torres denunciò il suo consumo ai tribunali del Sant’Uffizio, nome dato dall’amministrazione spagnola all’inquisizione. In realtà, dopo i gesuiti scoprirono che l’infusione era uno stimolante che poteva paragonarsi al caffè ed al tè. Per questo motivo, il mate fu chiamato “tè dei gesuiti”.
I poco tempo si impose quest’abitudine alimentare, e saranno i gesuiti i principali difensori e divulgatori dell’infusione. Con il passar del tempo, la produzione fu così tanta, che fu commercializzata in tutte le città del Río de la Plata, nel nord-ovest argentino, nelle città di Tucumán, Salta y Córdoba. In più venne commercializzata nell’Alto Perù (attuale Bolivia) e Perù. Dopo venne distribuita anche nell’attuale pampa umida della provincia di Buenos Aires, in Patagonia ed in Cile, dove c’erano le case dei gesuiti. Il paesaggio agro-sociale delle missioni, grazie all’erba mate, si diffuse in quasi tutte le aree del vicereame. Se pensiamo alle grandi distanze e all’isolamentodi quei tempi, possiamo vedere questo in una prospettiva sociale ed ecologica.
Se in un primo momento, le coltivazioni dell’erba mate erano lontane dai centri popolati, i gesuiti ebbero la capacità di trasferirle nelle vicinanze dei paesi, nelle terre comunali dei guaraní, per evitare il faticoso lavoro del trasporto.
Tutto il processo, dalla piantagionealla raccolta delle foglie, dall’essiccazione all’imballaggio, divenne un’attività lavorale di importanza considerevole, dato che attivò un circuito produttivo. Può essere considerato come un imprendimento che risultò benefico incluso in termini economici (GARAVAGLIA, J. C. 1983) per i ceppi sociali coinvolti; dal secolo XVIII nelle comunità tehuelche e mapuche della Patagonia, si iniziò a bere il mate.
È importante segnalare anche, che durante i secoli XVII-XVIII altri prodotti come il tabacco ed il cuoio, si esportavano dalle missioni alla Spagna e da lì all’Europa. Questo fenomeno evidenzia che le missioni erano dentro il circuito produttivo dell’economia-mondo e non furono solamente una sperimentazione utopico-religiosa.
Dentro la strategia de la inculturazione, i gesuiti inserirono (nei limiti che potevano essere accettati dai dogmi religiosi) la figura del curatore-erborista, che presiedeva i rituali religiosi e curativitra gli indigeni. I guaraní lo chiamavano payé.
I gesuiti, inclusero le conoscenze che i payé possedevano riguardo le tante piante ed erbe che crescevano in questo habitat. In questa attività, dimostrarono l’importanza che avevano nella produzione di medicinali locali, dato che le erboristerie e le farmacie che si trovavano nelle case religiose e nei collegi delle grandi città peruviane, erano molto lontane. Una delle caratteristiche più peculiari del subcontinente, fu la sua diversità geografica e le grandi estensioni che dividevano i centri urbani.
Nel 1710 il frate Pedro de Montenegro (1633-1728) scrisse un’importante opera “Libro primo e secondo delle propietà e virtù degli alberi e delle piante delle missioni e delle province di Tucumán, con alcune del Brasile e dell’Oriente”. In quest’opera si puònotare la convergenza della farmacopea indigena con quella gesuita.
L’opera è formata da cinque parti:
I) Nella prima viene spiegata il modo di raccogliere le piante da parte degli indigeni.
II) Nella seconda c’è una descrizione interessante sull’utilizzo delle piante con fini terapeutici. Gli indigeni, utilizzavano le piante verdi e non secche, in modo da usare la linfa per la macerazione o l’infusione. Era comune tra i guaraní bere le infusioni calde ed anche riscaldavano alcune droghe solide per l’uso esterno.
III) In questa terza sezione si incontra il titolo “Materia medica missionaria” dove si spiega a modo di glossario, il significato dei vocaboli utilizzati.
IV) In questa sezione elenca la lista dei nomi delle erbe e degli alberi utilizzati, così come le malattie che possono essere curate dalle piante.Antidiarroici: giacinti, smeraldi, mele; diuretici: tartaro, polvere lombrico, essiccati e grilli in polvere, cenere di cicala, calabroni, api schiacciate in polvere, uova di struzzo; herpes: zolfo; induzione al parto: smeralda; antifebrile: tartaro e ragni; la guarigione delle ferite: solfato di zinco e solfato di rame; antispasmodico: polvere lombrico, fiordalisi schiacciati, grasso di lontra, olio aninga (albero acquatico); emorroidi: sanguisughe; mal di testa: sanguisughe; antiasmatico: brodo di granchio e albero benzoino; mal di denti: centopiedi secchi e macinati.
V) In questa sezione si includono “Altre curiosità” continuando con alcune ricette per altre malattie e ricette. Probabilmente, quest’ultima parte non venne scritta dal gesuita Montenegro, ma aggregata da un altro collaboratore. (SOSA, M. B. 2003). L’infusione del mate, era considerata una bibita benefica e stimolante.
Un altro testo dove si parla dell’erba mate, è il “Paraguay Natural” scritto da un sacerdote spagnolo di nome José Francisco Sánchez Labrador (1717-1798) durante il suo esilio italiano (GUASTI, N. 2006), a Ravenna. Il testo, parzialmente pubblicato, ci parla di cinque variedades di erba mate: Caáy, Caaámini, Caá Catí, Caá Aperea, Caá Rá, classificate secondo il proprio luogo geografico; di ognuna di esse si indicavano anche le diverse qualità per il consumo.
Guillermo Furlong affermò: “l’opera di Sánchez Labrador è nella storia culturale del popolo argentino, come il libro delle Etimologie di San Isidro fu per la cultura spagnola del Medioevo: la grande ed universale enciclopedia scientifica”. (FURLONG, G. 1948).
Infine, ricordiamoalcuni dati dello studio dell’erba mate in Europa durante il XIX secolo.
L’erba si conobbe botanicamente e scientificamente in Francia ai principi del XIX secolo, con gli studi realizzati da Amadée Bonpland che nel 1821, la chiamò Ilex Theazans. Chiamò altri gruppi di qualità inferiori con i nomi di Ilex humboldtiana, Ilex amara, Ilex crepitans, Ilex ovalifolia. Bompland viaggiò in molte zone del Paraguay e venne messo in carcere per alcuni anni, su ordine del presidente paraguaiano José Gaspar Rodríguez de Francia, con l’accusa di essere una spia francese.
Nel 1822 Etienne Geoffroy Saint Hilaire, botanico francese, la chiamò Ilex Paraguariensis, denominazione che è rimasta fino ad oggi. Paragonò gli alberi paraguaiani, brasiliani e argentini, e arrivò alla conclusione che erano botanicamente uguali e che le differenze erano date dal processo finale.
Il medico italiano Paolo Mantegazza (MANTEGAZZA, P. 1996) durante il viaggio a Río de La Plata, verso la metà del XIX secolo, fece alcune osservazioni sull’utilizzo dell’infusione. Dopo, nel 1871 pubblicò in Italia una dettagliata ricerca dal titolo: “Quadri della natura umana - Feste ed ebbrezze”, e nel capitolo XXI, si ferma ad analizzare la storia, la preparazione, l’analisi chimica e la poesia del mate. Non c’è spazio in questo articolo per analizzare lo studio che Mategazza dedicò al mate. Si potrebbe affermare, che fu uno degli studiosi europei più impegnato sulla spiegazione di questa bevanda. I parametri utilizzati da Matengazza per inquadrare le abitudini degli autoctoni, sono simili a quelli degli scienziati europei del secolo del positivismo, ma la sua ricerca aiutò la tesi dell’infusione del mate, in una stessa linea simile a quella del consumo del tè e del caffè.
Quando avvenne l’espulsione dei gesuiti, prima nelle nazioni cattoliche europee e dopo in America, le missioni rimasero senza la guida dei loro fondatori, nel 1768. Dopo il re Carlos III, inviò altri ordini religiosi per rimpiazzare i gesuiti, ma fu inutile, dato che i guaraní già stavano emigrando. I paesi si svuotarono e morirono insieme alle coltivazioni del mate.
I popoli guaranì ritornarono nella foresta e furono nuovamente perseguitati dai portoghesi.
Durante gli inizi del XX secolo, il governo argentino, attraverso lo scrittore Leopoldo Lugones, fece fare una ricerca per riconstruire la storia delle missioni; lo scrittore, impressionato per le rovine dei paesi, affermò di aver scoperto la “materialità religiosa” dell’impero gesuita. (LUGONES, L. 1909).
Comunque riuscì a sopravvivere il modo della coltivazione ed elaborazione dell’erba mate. Il suo consumo è un segno indelebile ed identitario radicato nel territorio argentino.
Nota bene: la bibliografia non è stata ordinata alfabeticamente per favorire la consultazione della fonte in base al testo.
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Sergio Alfredo Sciglitano (1964)
Profesor en Historia.
Magíster en Filosofía e Historia de las Ciencias.
Alma Máter: Universidad Nacional del Comahue, Facultad de Humanidades, Neuquén, Argentina.
Breve nota bio-bibliogrtafica dell'autore:
Sergio Alfredo Sciglitano è nato a Bragado (provincia di Buenos Aires) il 6 maggio 1964 e abita a Neuquén, in Patagonia. Dopo gli studi liceali si è laureato in Storia, disciplina che attualmente insegna presso un liceo della città dove abita.
Successivamente ha seguito un corso post-laurea in Filosofia e Storia delle scienze.
Ha studiato italiano presso l’Università per stranieri di Perugia ed ha al suo attivo diverse pubblicazioni su temi letterari, storici e filosofici, alcuni dei quali tradotti in lingua italiana.