Leggere Tutaméia di João Guimarães Rosa

LEGGERE TUTAMÉIA NELL’ORIGINALE


 

 

di Marco Cristellotti

 

La lettura del testo originale in portoghese è, anche per um madrelingua, inizialmente penosa. La familiaritá com altri testi rosiani aiuta, ma di fatto non risolve quella che è um successione di scandali linguistici e semantici. Scandali nel senso etimologico di pietre che si incontrano lungo il cammino e in cui inevitabilmente si inciampa. Per lo meno fintanto che, attraverso riletture pazienti, non si trova il ghirigoro giusto, la chiave olografica che accende la luce e fa del labirinto um giardino dei misteri. Um caminho das pedras come si disse in Brasile, l’itinerario giusto per muoversi verso um obiettivo, uma finalità di senso testuale.

 

Queste pietre sono costituite, qui molto più che non in Grande Sertão: Veredas, da uma struttura sintattica spesso insólita; da forme idiomatiche inusitate , a volte arcaiche, a volte regionali, a volte sperimentali o neologiche; da um lessico ricco e variegato che atinge a tutta la gamma del portoghese brasiliano, in senso diacronico come sincronico.

 

L’estrema condensazione dei racconti, la sua struttura nucleare atômica di grandi energie compresse in minimi spazi, mettono a dura prova il lettore madrelingua portoghese.

 

Come negli ologrammi lo schiudersi ed apparire delle gestalt sensoriali significative è fornito dall’equilibrio tra due sforzi o attitudini diametralmente opposti, che richiedono incerta maniera l’elasticità di uno yogi: la concentrazione forte sul texto e il rilassamento della volontà di estrarne quanto prima il significato.

 

Il símplice lettore è facilitato in questi compiti dal fatto che quando inciampa in queste pietre di incomprensibilità, può sempre passare oltre l’accaduto e proseguire nella lettura, confidando che nel complesso, ala fine il senso del racconto finirà per emergere, nonostante quei disseminati ed imbarazzanti punti ciechi. Ec è próprio così, soprattutto se si segue la raccomandazione o preghiera di Rosa di pazientare nella rilettura.

 

Già il compito del traduttore non può valersi questa facilitazione, trovandosi sempre a dover prendere delle decisioni tanto più di fronte ai passagi oscuri ed alle altre difficoltà. Nelle note sulle difficoltà del traduttore si parla anche di questo.

 

 

 

 

LE DIFFICOLTÀ DEL TRADUTTORE

 

 

Contrariamente al lettore símplice, il traduttore si trova nella necessità, di fronte agli innumerevoli punti problematici del texto, agli scandali linguistici disseminati nel compresso campo spaziale del texto, di prendere uma decisione. Non può lasciare uno spazio bianco, uma sospensione, come fa il lettore che procede. Potrebbe anche farlo come tecnica di traduzione, ma alla fine dovrebbe comunque prendere uma decisione su ogni dubbio, uma soluzione, mentre il lettore può anche arrivare ad uma comprensione generale del racconto senza l’obbligo di risolvere rigorosamente tutte le questioni di dettaglio.

 

Ad ogni passo il traduttore si trova su di um campo minato: ogni frase oscura, termine problematico o ambiguo, struttura sintattica o lessicale insolita, può diventare una mina che fa saltare il delicato tessuto del racconto, introdurre l’elemento chimico sbagliato, l’ingrediente che rovina la ricetta. Un errore.

 

Questo perchè è chiaro che Rosa, ristretto nelle limitazioni di una pubblicazione quindicinale su una rivista medica, dentro a spazi limitati che non erano i  campos gerais  del suo sertão, si é limitato ad un lavoro farmaceutico,di alta precisione linguistica e piccole dosi. Per cui risulta chiaro al traduttore attento che anche piccoli errori possono incidere significativamente sulla struttura originale, lasciando come risultato sul campo una disseminazione di ingranaggi di un meccanismo smembrato, che non funziona più e chiede troppo anche al lettore paziente.

 

Riprodurre gli effetti ele funzioni escogitate da un farmacista-orologiaio, da un moderno alchimista della lingua. Questa è stata la difficoltà del traduttore di Tutamèia, così come quella di E. Bizzarri a giudicare dai suoi carteggi con Rosa: una difficoltá che nessuno ha voluto o potuto affrontare dal 1967 ad oggi, lasciando inedita in Italia, per oltre 46 anni, un opera chiave della letteratura mondiale.

 

 

 

LA PREDILEZIONE DI JOÃO GUIMARÃES ROSA    PER LE TRADUZIONI IN ITALIANO

 

João Guimarães Rosa ha lasciato trasparire la sua predilezione, fra tutte le possibili traduzioni, per quella in lingua italiana. Anche con il tedesco ebbe una relazione privilegiata, in forza anche dei suoi anni da diplomatico ad Amburgo, più intimamente dalla sua innegabile relazione coni temi di Goethe, già rilevati da G. Contini. Non a caso i due carteggi pubblicato sono con il traduttore tedesco, Kurt Meyer –Clason, e con quello italiano, Edoardo Bizzarri. Le altre lingue, in particolare l’Inglese ed il Francese, francamente sembrano interessare un po’ meno l’autore relativamente alle traduzioni.

 

Va ricordato anche che Rosa era un esimio poliglotta, che conosceva a vari livelli ma sempre di forma geniale svariate lingue, tra cui alcune insolite come il  polacco, il lituano, lo svedese e l’olandese, oltre ad alcuni dialetti tedeschi.

 

Evidentemente Rosa aveva chiaro in mente che le traduzioni sono di fatto sono  completamenti  di un opera e non semplici trasposizioni, come potrebbe suggerire una teoria borghese del linguaggio. Il tentativo di Rosa di risalire alle sorgenti della lingua brasiliana,  alle interiora da cui scaturisce, oltre ad essere una caratteristica intimamente brasiliana, presuppone anche una teoria sacrale del linguaggio, un origine comune e trascendente di tutte le lingue, da cui deriva la babele degli idiomi.

 

Il motivo che mi sento di attribuire a questa predilezione di Rosa per l’italiano é la posizione cruciale della nostra cultura in europa. Cruciale tra il nord e il sud, il gotico ed il romanico, le culture nordiche e quelle mediterranee. Cruciale tra est ed ovest, tra le lingue slave e le aperture atlantiche. Cruciale per lo sviluppo delle lingue romanze in relazione alle lingue classiche ed a quelle anglosassoni. Cruciale per l’incapacità dell’Italia di essere un paese compatto, identificato. Questo porta a quella peculiare apertura della nostra cultura, della nostra lingua, ben oltre le aspirazioni coloniali, verso l’estero, verso la comprensione in particolare delle Americhe. I polacchi hanno in Europa una duttilità anche maggiore ma più mirata verso una identificazione piena della cultura di arrivo, una mimesi, mentre nel caso italiano permane la mirabile capacità di interpretare la cultura altrui, completandola, di collaborarvi fino quasi a rappresentarla meglio che nell’originale. Gli esempi di J. Conrad e del western all’italiana possono essere qui significativi.

 

Le opere sono sempre un po’ aperte quindi, incomplete, senza le loro traduzioni. Piangono in particolare quando mancano delle traduzioni cruciali. Ed è questo lutto italiano che Joâo Guimarâes Rosa vive dal 1967 ad oggi. L’editoria italiana può ora in questo senso redimersi investendo una manciata di euro.

 

 

 

SPUNTI PER UN’EDIZIONE CRITICA

 

 

 

LA POSIZIONE DI TUTAMÈIA NELL’OPERA  DI JOÃO GUIMARÃES ROSA

 

Sfatiamo qui un’interpretazione erronea a cui è esposta non solo la critica italiana ma anche quella brasiliana, quando assume la centralità opprimente del  romanzo Grande Sertão:Veredas. Quando considera questo romanzo, che di fatto è piú un epos moderno, come di gran lunga opera magna, tutto quello che è venuto prima, preparazione ad essa, quello che è venuto dopo, epigono di scarsa rilevanza, riposo e distrazione in attesa nuovo slancio. Di fatto lo studio della vicenda letteraria di Rosa smentisce di forma chiara questa interpretazione, come vedremo.

 

Quando esce in Brasile, nel 1967, Tutamèia divide i lettori e critico in due fazioni: pro e contro. Per motivi che potranno essere presentati a parte risulta oggi chiaro che Tutaméia ha una posizione centrale nelle intenzioni e nelle risultanze letterarie di Rosa. Che è stato il suo grande-piccolo progetto alchemico nel corso di trent’anni, dal 1937 al 1967. I rapporto dialettico di Tutaméia con Grande Sertão e con le novelle chiude il cerchio interpretativo sull’autore.

 

La psicografia di Grande Sertão viene rivelata nell’ultima delle 4 prefazioni di Tutaméia, Sullo spazzolino e il dubbio:essa dialoga con la coscienza progettuale, programmatica, laboratoriale di Tutaméia. La fluenza della scrittura sotto dettatura di Grande Sertão dialoga con le penose difficoltà per una condensazione atomica della lingua in Tutaméia. In entrambi i casi funziona un movimento di explicatio ed  implicatio che abbraccia le due realtá della fiumana linguistica di Grande Sertão e della nux atomica  di Tutaméia. Di un microcosmo codificato, progettato in laboratorio, per Tutaméia, che esplode spiegato, srotolato, vivo e fluido, nel magmatico macrocosmo di Grande Sertão. Questa dialettica è la chiave di lettura che rende giustizia alla parabola letteraria di Rosa, che rivela il suorapporto con la creazione in termini, nella sua accezione artistica come in quella teologica.

 

 

La parola chiave nonada, irrilevante bazzecola, evocazione magica che apre Grande Sertão, schiude la comprensione di questo rapporto dialettico. Non tragga in inganno la cronologia di pubblicazione delle opere di Rosa: un’edizione critica potrà spiegare meglio questa situazione dell’opera rosiana, ma basti qui ricordare che Tutaméia fu fin dal 1937 un progetto letterario nel cassetto prediletto di Rosa, un progetto per cui cogitava apertamente il titolo di mea omnia.

Con base in queste ed altre, più approfondite, considerazioni, allora, possiamo dire che non si tratta qui semplicemente di pubblicare un'opera inedita di un grande scrittore, l'ultima, ma di qualcosa di più, di diverso. Tutaméia é al tempo stesso parte dell'edificio letterario costruito da Rosa e chiave per entrarvi. Chiave critica che consente di situare Rosa nel panorama letterario della lingue romanze, definire che tipo di narratore è stato, che cos'era per lui la scrittura in relazione ai rompicapi della condizione umana; che consente di schiudere uno scorcio di visione sul mistero, la difficoltà e la varietá della sua umana, tragica, comica ed epica commedia.

 

 

 

ROMANZO E FORMA BREVE IN JOÃO GUIMARÃES ROSA

 

La genialità letteraria di João Guimarães Rosa non sta tanto nel fatto che abbia dato vita nella sue opere ad un mondo epico-romanzesco tanto brasiliano quanto universale. Quel mondo che bene o male conosciamo grazie alla pubblicazione di Grande Sertão:Veredas nella traduzione di E. Bizzarri. È propria infatti dei grandi romanzieri la capacità di attrarre il lettore dentro a un mondo in qualche modo avvolgente, come sa fare in maniera quasi paradigmatica G. Flaubert.

Ma il caso di JGR é un po’ differente perché anche lui attrae il lettore, per un lato, in un mondo peculiare, ma si tratta di un mondo che non é mai avvolgente, bensí aperto. Come l’epica che pur affascinando, non attrae di forma ovattata, familiare, ma sempre un po’ straniata per la forza di un mondo diverso.

Nel romanzo borghese la lingua é usata per dar vita ad un mondo che in qualche maniera seduce, é strumento nelle abili mani di un artefice. Ma in JGR la lingua ed il mondo cui essa da vita sono inestricabili e coincidenti. Non vi é mai un uso  della lingua. Questo comporta che per quanto avvolgente possa essere la sua narrativa, e di fatto non lo é mai per completo, non lo é mai di forma facile, scorrevole ed in ultima istanza rassicurante, come sa fare il romanziere classico. Perché di fatto JGR rinuncia alla seduzione in tutte le sue opere, prima di tutto perché la sua scrittura non é mai scorrevole e attraente, ma cosparsa di ostacoli disseminati lungo il cammino. Lascia sempre, accanto ad un senso di attrazione, un senso di repulsa dovuto alla sua difficoltà. Come si dice in Brasile di certe donne un p’ sopartane del sertão: tengono in serbo le carezze per il momento opportuno.

Questo ci rimanda ad una questione chiave per una critica di JGR: se egli in ultima istanza debba essere definito un romanziere. Di forma anche più estesa, se la letteratura sudamericana possa essere meglio rappresentata dalla categoria del romanzo classico. Le forme del racconto breve e della novella ci portano su di una strada diversa, ed una edizione critica delle opere di JGR potrá indicare, per lo meno per questo autore, che la chiave di lettura romanzesca non é quella che meglio lo rappresenta. La pubblicazione di Tutaméia in Italia, con le sue relazioni profonde con Grande Sertão:Veredas, potrà essere rivelatrice in questo senso. Perché Tutaméia rappresenta la chiave di lettura di tutta l’opera rosiana dal 1937 al 1967, per ragioni corroborate dal lavoro della critica brasiliana, che per motivi di spazio e complessità non possono essere qui esposti.