Gustavo Micheletti
L'AGGUATO
(Della morte alla vita e della vita alla morte)
(Poesie)
Smesso di fumare. Prima, la pipa scandiva la giornata, disegnavai momenti della vita.Ora, non c'è più riposo,e piatto è il tempo;non si alzano più le ondesulla riva prima dello slancio; ricade sempre il ventoeguale tra una fumatadella pipa mancatae l'altra che non c'è stata. Il canto del gallo La luce che risale la china del corpo addormentato sprigiona un sorriso che plana oltre le bianche lenzuola,sul prato dove il gallo immola al nuovo giorno il collo teso e piumato. Il canto che risale nell'aria sprigiona una nuova luce rosanel verde del prato dove il collo variopinto s'inarca ed inchina. Ma quando il gallo si tende e s'inarca nel verde del prato, il sorriso scompare tra le lenzuola e s'inchina alla luce che tinge le labbra socchiuse di rosa. Sera d'estate Il vento si raccoglie sulle spighe, e tra i fili d'erba trascolora.Fanciulla brilla la luce della sera,come i fiori d'un altra primavera.S'attardano nella campagnale ombre distese tra i viali,mentre il suono d'una campana chiama per la cena gli stanchi commensali.La vita non si lascia prendere,se n'è andata di soppiatto,in punta di piedi, come un gattodi cucina, soddisfatto del suo piatto.La vita scappa sempre come l'onda che riparte dopo essersi franta sulla riva, risucchiata verso il mare come se nulla dovesse mai finire mentre grida e muore.La luce tra l'erba ci abbandona a poco a poco, senza volerci destare.Anche il silenzio improvvisodelle cicale s'impressionanell'erba dove la luce muore.Un nuovo giorno avvenire trascorre senza voler passare e ci tornaincontro dall'azzurro del cielo.Noi restiamo sospesi, protesiad ascoltare il lieto rumore del vento tra l'erba, a guardare il giorno che scompare nel folto delle spighe, sul manto che ci ricorda il mare, i tonfi sordi e discreti dell'onde sulla riva, come un nonnulla che diviene nuova pietà che muore. La bottiglia e il piattino. Un barbone sporco con una pennabicolore in mano (strana una pennabicolore nella mano di un barbone)sorseggia piano il suo vino,e scribacchia sopra un fogliettino.La signorina dei tavoli, nel vagone,sembra apprezzarne l'espressione.Aveva messo lui, il barbone,la bottiglietta del suo vinogiusto sopra il suo piattino,e non sulla bianca tovaglietta,che peraltro era già sporca,e la signorina dei tavoli,a lui con gli occhi apertiche l'ascoltava ha detto che tanta premura nel mettere sul piattinola bottiglietta era un gesto raro, e che se voleva lui poteva restareancora seduto nel vagone al tavolino,nonostante l’ora di chiusura, a finire di bere con tutta calma il suo vino. Lo scoiattolo Uno scoiattolo lieto della propria astuzia,lesto di zampe e con sale in zucca,ha preso dall'albero una noce e l'ha nascosta furtivo nel suo ripostiglio segreto, l'ha riposta nel suo nascondiglio con il guscio intatto e si è addormentato mentre sentiva di soppiatto battere ancora forte nel petto il suo cuore inquieto. Prima di dormire Com'è facile dormire!Basta un po' di slancioe l'orizzonte fatale si schiude.Qualche passo indietro, ed è fatta.Ci vuole sempre un po' di rincorsa per trovare lo slancio. Le pareti sono fatte per avvicinare.Dalla stanza attigua ti sento studiare.(I capelli sfiorano la pagina, tormentati dalla mano rimasta senza matita). L'orizzonte fatalmente appare,la rincorsa comincia a farsi slancio. Spicco il salto, e poi volo.Quando si vola, per un po',non si accenna a cadere.Basta una rincorsa leggera prima di dormire. Le quattro cause Le cause finali tramano alle spalle,verso l'avanti, e nel contempole costellazioni degli eventi trascorsinell'avvenire della loro successionetramano all'indietro, impennandosiall'improvviso verso un inizioimmaginario, nodo di cause formali,efficienti e materiali, ch'era giàsegno d'un destino, d'una sorteche reggeva il filo della trama tesanel passato, filo appeso a una rupe gelata nel futuro ch'è statoappena oltrepassato, filo che si fasguardo teso, orizzonte che s'apreper richiudersi sul retrodel tempo finito e appena incominciato.Prospettiva che s'apre e si richiudein fretta, appena in tempo, è la vita:che per aprirsi in avanti deve chiudersianzitempo, e subito riavvolgersia ritroso prima che di nascere sia finita. Compagna della sera Come una farfalla sull'erba della sera, m'accompagna lietala tua curiosità festosa e severa. Il galletto argentino Perché cantava troppo il galletto argentino l'hanno strangolato.Sui rami di susino, in un pomeriggio di sole, ho trovato un ciuffo delle sue piume. Filo per filo riluceva l'erba sul prato. L’agguato I Il vorace foionco non si aspetta pietà,perché non pensa d'offrirne in acconto.La lucertola al sole vorrebbe restaredesta e placida nel suo sonnecchiare,vorrebbe levitare senz'amarezza di tedio o nenia febbrile, fiutare l'aria fino al prossimo passo arcuato nella fuga perpetua da fine sicura, e ridestarsiin un nuovo prato colmo d'insetti gustosi. Ma il foionco non le riserva nessuna pietàe d'un balzo l'afferra scagliandosela in gola.Lo fa però troppo in fretta, così in frettache non riesce nemmeno a gustarnedel tutto l'amaro sapore prelibato. Dire e ridire Prima c'è un pensiero che nasce, un dire qualcosa,poi il ridire un’altra cosasu quel che s'è detto,e noi non siamo mainello stesso posto,ma nemmeno in un postonuovo, perché ad ogni diremanca sempre il suo resto, che è sempre diverso,ma anche sempre egualenel mancare a sé stesso. Ma se con perizia ti rovesci nel nonnulla che ti additapotrai vedere il residuo asciutto di quel che resta, bianco e muto, sul retro. Pensieri al bar Il suono dei pensieriritorna eguale sul voltodi chi seduto sorridea chi passa e prosegue. La voglia di parlarecon chi procede senzasosta dirige il suono dei suoi pensieri. Nello sguardo sorridentedell'uomo seduto al barrisuonano frattagliedel proprio conversarecol viavai dei passanti. Nei loro movimenti sveltie nel loro sommesso brusio,riconosce il parlottare di Dio. Attraversare lo specchio Attraversare lo specchio,questo è il fine segretonascosto nella ripetizionedel solito gesto.Attraversare la radura dove la sosta si fa breve e ogni riverbero conferma ritorta, per restare senz'ombra e poter avanzare senza macchia in silenzio, senza eco di voce sospesa né resto d'implorazione,prendendo atto di quanto rimaneogni volta cadendo ad osservare l'immagine propria che s'allontana correndo nello specchio a ritroso. Risveglio Il desiderio d'essere incontaminati,d'essere un appassionato sobrio giuocodischiude sentieri dolorosi,ci sospende ad un fremito esilecome a un sussulto di foglie increspatesui rami, al trascolorante ammiccaredella rosa inesplosa e purpurea;fino a quando un urlo non sazieràil mare di sete che ci percuotee non ci risveglieremo al solito sogno:l'interposta persona cui somministrareogni giorno con parsimonia la vita. L'agguato II Il gorgoglio del mosto olezza dal tino,una lieta cicala ghermisce una mosca.Fuori giace l'estate assordante su di un pino,dentro, scalpita circospetto un gatto felino,occhieggia e sobbalza, finge sorpresaed astuzia; poi salta fuori e s'invola.All'improvviso ristà, serio: la cicala sbianca il cielo con la sua cantilena, lui si chiede che fare di cotanta lena;poi ammutolisce l'eco sopra il pino. Le mancate occasioni Nutrirsi del negativo, d'assenze e di mancate occasioni è sfiorarela vita con una lunga levache può sollevare sempre di piùdi quanto si propone e cui sfuggesempre ciò che vuole; rimangono là dove le ha toccate, le cosecare che voleva rapiree ci portiamo dietro macignie pietruzze di varia foggiadall'aria inutile e interrogativache paiono chiedere stupiteche cosa le si è prese a fare. La gioia di parlare con te La gioia di parlare con te,come una farfalla azzurrache di tanto in tanto si posasulla mia testa nuda, mi vola accanto lievee indiscreta, prodiga di attenzioniper ogni cosa viva. Com'è bello scrivere! Com'è bello scrivere quando non si ha nulla da dire, e si sente il nullache si ha da dire, e si lasciano cadere le parole sul bianco nulla che si ha da diree che già le contiene tutte senza dire nullacome se nulla fosse bastevole a direil bianco che si vuol sentire. Un mare di felicità C'è un mare di felicità che mi vieneaddosso come in un incubo, beffardoe millantatore, roba d'altre vite.La vita si rinnega incredula e muta:magra albicocca snocciolata, sembrafinta, e quasi non è più da mangiare;piacciono solo le sue composte lentiggini e la sua cavità tenue e disarmata. Titti e la lattina di Coca C'è una Titti che padroneggia le cose,groviglio di tattiche vaneamministra potere, distribuisce distanze,elogia l'incalzare minuto del tempo spietato;ma poi ce n'è un'altrache da sola per strada rimane atterritadalla quiete insonne di una lattina di Cocaschiacciata, e allora finge disperata allegriaprendendo a calci la piccola vita che appare nella cosa finitae sopravvive nella muta freschezza del bere. L'agguato III Di notte, oltre le mura della cittàantica, riposa un rigagnolo d'acqua,colmo di minacciose e agguerrite stelline,d'ossa di passeri e di rane silenti. All'alba, lungo i bordi della piccolacorrente, che trascura sdegnosa il tempoche l'insegue, l'ombra di un grande uccelloappare, tuonando in cerca di felici prede sapienti. Ma le prede dormono sotto il solee non rispondono al suo appello. La giraffa sperduta Dopo una prolungata ascesa,una piccola giraffa sperdutas'incammina sopra una gamba levigata della placida Serena;infine si accoccola sopra una cima,tra la peluria odorosae imperlata. In quella turbolenta quiete,tra le umide pieghe dei tessuti,in una cavità buia e misteriosaha il sospetto si nascondaun qualche ordigno dotato d'una volontàpersistente e rapace.Allora annusa l'aria profondamentee respira, decisa a trovare nella penombra del boscouna qualche forma di vita amicache la distolga dal suo perpetuo vagareo che almeno la voglia accompagnare. Sepoltura In un angolo del giardino dovrà essere sepolta, tra le bionde cosce sue sottili, i denti acuminati, le labbra e gli occhi chiari, le parole sue malvagie, la mia anima resa edulcorata e vile, ed ogni altro alterco e tradimento dei piedi suoi dannati. Ridi e piangi Ridi e piangi, carne di melo,proprio ora che sei fiorita;poi senza pudore ti guardie ti ricordi di quanta gioiahai perso nei fiori. L'agguato IV Il bastardo lupo rabbioso e randagioha trascorso la domenica a digrignarei denti nascosto in una conca; in attesa della morte di un passante. I passanti vagavano mortali,le anche incastonate sulle gambe,e le loro teste dondolavano pueriliin bilico sui nerboruti colli. La mosca Ho avvelenato una moscain fondo ad un bicchiere di vino; ed ora sono saziocome un placido insetto. Il sasso C'è un sasso nel mio cuore,un sasso spigoloso da giardinodove urtano con fracasso i desideri;un sasso sordo,nascondiglio e tana vuota,senza letargo di pena. L'agguato V La giovane cerva s'allontana imprudentedal suo piccolo branco, fiutando l'ariasogguarda rapita le ombre giocare sui ramidegli alberi e va allo scoperto nella radura, ammiccando ad un inesistente predatore in agguato. Bruca l'erbatenera sfiorandola appena con le labbrae si lascia osservare incantata, quandoun uccello variopinto sbatte velocele ali volando su di un ramo vicinoe lei finge di credere sia giuntoil momento in cui è bello fuggire. Il ramo Vorrei che spuntassedalla mia testa un ramo, e oltrepassasse l'arginedove ridono i folletti dei tuoi desideri.Vorrei che tornasse la nebbiaintorno agli alberi del giardino ovale e sentire l'eco della mia voce cantare dietro la testa biondadella ragazza in motorino.Ma tutto ciò che al condizionalemi propongo di desiderare e dire,si aggira in catene oltre la rivadel fiume lasciandosi scempiare, e nulla può farlo trasalire. Sonno Ora che la vita si è fattamuta, implosa nel suo scrigno,il ricordo non è più variopinto e terso, il suo guado asproè conservato sul fondosenza risonanza, e opaco è il sogno.Come la vita muto giardiniereindaffarato nei suoi gestiassenti, l'opera mia compio a pocoa poco, la fronte ripiegatasotto il tetto rassicurante del silenzio;ogni gesto ha un breve alone amaro,incolore, segreto: è il sonno d'una gioiaintatta e piena che si disvelasenza trovar pace, e poi tracima e tace. Agguato VI La bestia che riposa nel suo lacciotroppo poco dolor d'affanni non la consola.Argonauta piangente e casto, eretto sopraun'acerba stele, tiene fissi gli occhisu ciò che soltanto si può, amareper avere, con l'estasi del tatto.Lungo il clinamen della parola scivola lenta la sua attesa della pupa nudata che l'asseta, e soltanto il vento lo rincuora che un cielo bruno trascolora verso un'altra turchina aurora. Cosa si può capire Cosa si può capireoltre la disposizione di fronte alla vita,che è sbagliato ed inutile direperché non si puòconsumarla tagliandonel centro la pena? Una illusione: che in un punto si formi una forza ed una espressioneesclusiva, soppressionedi qualche errore fatale. Soppressione di qualche errorefatale, si forma un'espressionein un punto, un'espressione ridente e recisa nel volto. Frattanto l'errore soppressoè condannato a riemergeresempre, dentro le medesimespoglie sempre più nell'internocamuffato e vero, d'amoreinfinita diatriba, adescamentodel cielo, nuova menzognadella sua trasparenza. Riposo Riposo senza dolore nell'asprezzadi una sera imprevidente e rapace,mentre voci ovattate calunniano sul pratoil pianto sereno che si sprigiona dalla luna. Se ne sta da solo in cima ad un alberoa pensare, un frammento delle mie ossa profumate, e batte il tempo, con un tintinnioche ad ogni rintocco il vento prosciuga. Il profilo del volto ed il mormoriocupo di chi furiosamente mi sussurraall'orecchio parole d'amore, disegnanonel buio le crisalidi di un rapido sgomento. Tenere evoluzioni di speranze piegate,i pensieri s'incontrano solo su unoschermo di possibilità, dove il non essereche li abbraccia li finge senza paura. Sera di festa In una sera di festa ho visto svariate possibilità ancora lievidissolversi anzitempo, ricoprirsid'un alone opaco. Le ho percepitegermogliare in un'alcova d'amarezzae disagio e poi assopirsi in un frastuonodi convenzioni rapaci.Dopo una sera di festa oraripenso come pietra rabbiosaa l'isterilirsi immoto di tantipiccoli sogni screziati, agli occhie agli incerti sorrisi che brillavanoverso una radura di vento, oltrela sera di festa percorsa dal riso,in un'attesa penosa di parole sonore. Il tempio Ogni equo pretesto dà fondoai pilastri di un tempiosobriamente dolente.Ad ogni costo il tempiosolenne sobriamente si erge, risuona e rimane.L'eco delle sue campane ristà dapprima nell'aria fresca della sera,trepidante e raffermocome un grido impietosito,poi fugge su per le collinecon la sua brezza leggera. Rovine Indugia a pensaresotto un tenero muschiosospeso tra archi incolori,la mia testa liscia d'oblio.Tra le ombre di altiedifici, spoglio bastionedi pietra fiorita d'erbaparassita e tenace, al di là di ciò che rimane, oltre l'inerziafresca del vento, emanauna cantilena e un lamento.Poi, anfibio palustre e notturno,si sofferma a mirareun vivoso poliedro stellare. La poesia La poesia non è per meun succulento piatto doveognun s'arrechi ad intorbidarla lingua; ma è come il pane,ch'ognuno mangia soltantoe perché ha fame. L'agguato VII Accanto a un ciclamino che sotto il cielo niveo si disgrega, un orso feroce dietroun masso, tra opachi steli irrigiditi, ode gli schiamazzi attenti degli uccellie odora il tenue gelo che avverte sulle ciglia:poi solleva lo sguardo lungo i rosei declivi di fronte alla montagna,in procinto d'osservare una slavina. Le parole Le parole che non lascianotraccia, per ricercare cosahanno una voce?E’ forse per ritrovar chi parla che lasciano un alone indecifrato?Cose da dire, non sonodette, ma ritrovate;avvincono senza lambire.Sono aeroliti che disegnanolo spazio con la loro sciagemmata, sardoniche risate proferite da serpi sassaiole. Ma tutte le parole oltrepassano di una sola misura sempre eguale la breve ragione del loro svanire. L'agguato VIII Questa sorda attesa, che progetta esilislanci, che ostenta una sincerità proba,è come la ragnatela dove il ragno se ne starattrappito a divorare le sue mosche immaginarie. Non appena cessa il loro cupo ronzioe un dolore nuovo s'affaccia, la moscavera all'improvviso appare, si divincola e vola. Finalmente certo di non averla presail ragno si rallegra della sua fugae quietamente riprende a ricamare. Il posto delle fragole Nel posto delle fragole ho scoperto tra le zolle,in un profondo nascondiglio sotto terra abbandonato, un nido d'uccelli immerso nell'azzurro, e sulla mia nuca è fioritoinaspettato come da un cespuglioun sorriso roseo e dissennato,d'altre vite fresco rimasugliomai prima d'ora riesumato. Destino Negli acquitrini d'autunno, nel rigoglio del giallo e nel verdastro limo, s'inarca il ramo d'un pino;il suo pennacchio d'aghi sprofonda sott'acqua e poi di nuovo fa capolino,escogitando con grazia la forma del proprio destino. La puttana La bianca puttana sta nella nottecome un perdono nell'eco d'una voce,e nella luce della luna si disvelacome un giglio che aspetti la rugiadadi chi guarda e piano s'allontana.Il suo essere sola e tutt'interasotto la coltre buia del cielo, le dona quell'aura immota che soltanto s'irradia silenziosadalla morsa stretta della vita. Cosa vai a fare? Vado a dare una cosaa lei, che mi attendedistesa arrivare.Lei attende una cosa che porto, non una rosanon una vasca fiorita,ma l'ancora arrugginitache profuma di mare.Lei attende, che cosa?Il ferro ritorto che per trattenerlale s'incagli nel cuore. Lo sparviero La vita s'è rintanata nell'ansa d'un maleuggioso, dove non si leva più il ventoe più non trema nell'aria la prispola al sole;ormai s'avverte nel cuore solo il mutotonfo inane del tempo sfumato, schivo d'ogni ricordo o lieto presagio, privod'ogni randagio irridente avvenire.Rimane solamente il silenzio del ventosulle corolle mattutine a dischiuderel'anima distesa nell'ombra, il cantod'un grande uccello macchiato di nero,l'alto grido immobile dello sparviero appena levatosi contro il cielo in volo. “Chi parla solo spera parlare un giorno a Dio". (Rileggendo una poesia di Antonio Machado) Tutti parlano sempre a qualcuno, e chi non parla a nessuno ha già lanciato in aria un qualcuno con cui parlare in gran segreto,il levitatore supremo, l'acrobata dell'ultimo piano, ed è a lui che parla quando crede di pensare liberamente, immaginando di non parlare a nessuno e di essere finalmente solo: eterno ritorno del non accadere, occhi senza volto d'un abisso quieto, inane nastro del tempo che si rilegge avanti e indietro. Voler bene (Rileggendo “Platero y Io” di Juan Ramon Jimenez) Voler bene è voler bene. Non c’è niente di diversonel voler bene, e niente di uguale. Voler bene è il trotterellare dell’animanel patio dell’infanzia, dove i sogniaddormentati stanno raccolti d’estatead ascoltare la cantilena del sole. Voler bene è il lieto azzurro trotterellaredi Platero sempiterno, luce di ogni animapropensa a indugiare sulla foglia ripiegataaccanto alla rosa che sporge dal pozzo. Voler bene è l’esitazione prima del baciosulla bocca della ragazza che vola nei campie all’improvviso si ferma davanti ai tuoi occhicon le labbra scarlatte socchiuse e piangenti.Voler bene è non voler abbandonare l’ombradel cipresso che macchia l’orto conclusodove la vita rimane da sola e la cornacchiasbatte con fragore le ali senza prendere il volo. Voler bene è voler bene, è il solito battito,lo stesso gesto che si ripete nel cuore dischiuso,lo stesso pulsare cieco che dal pozzo buio risaleverso la stessa rosa bianca in attesa del vento. Voler bene è voler bene, è ogni giorno lo stesso sorriso, il pianto sereno che non muta il suo accento,perché ogni giorno non c’è niente di così diverso e di così proprio eguale nell’ombra bianca del sole. Ripreso a fumare All'alba di un mattino,nella luce ancora incertadopo un anno quasi d'allora,mentre il vento ulula infastiditoper il dover destare un nuovo giorno,riprendo con calma una pipa,una delle predilette,tenuta riposta in un cassetto(ma forse è più di un anno)e piano piano la caricoguardando fuori il bianco rosato delle nubi specchiatonell'ombre volanti sui prati. Quindi, preparatala con cura, l'accendo.E riprendo a fumaresenza un motivo. Da solo, nell'alba nuovadi un giorno che s'annuncia inquieto, nel fumo che s'alza placido e s'invola verso la finestra socchiusa vedo in lontananzauna macchina che passa sulla stradaancora deserta spengere i fari. E’ giorno.Si può andare avanti a fari spenti.L'alba, in un certo senso,è già finita. Spalanco la finestra, e l'aria frescami sfiora la faccia col suo profumo lieto.A grandi passi s'avvicina la sera.Anche la pipa è già quasi finita,e la sua nube bianca è sfumatadalla finestra appena richiusa.