Un'affermazione sbagliata per un Presidente
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha affermato, in occasione della recente celebrazione del <<giorno della memoria>>, che “sorprende sentir dire, ancora oggi, da qualche parte, che il Fascismo ebbe alcuni meriti, ma fece due gravi errori: le leggi razziali e l’entrata in guerra. Si tratta di un’affermazione gravemente sbagliata e inaccettabile, da respingere con determinazione. Perché razzismo e guerra non furono deviazioni o episodi rispetto al suo modo di pensare, ma diretta inevitabile conseguenza”.
<<L’affermazione sbagliata>> pare composta da due parti distinte: (1) “che il fascismo ebbe alcuni meriti”; (2) “ma fece due gravi errori...”. Ora, quest’affermazione può risultare complessivamente sbagliata o perché è sbagliata una delle sue componenti, o perché sono sbagliate entrambe. Esaminiamole dunque separatamente: 1) che il fascismo ebbe <<alcuni meriti>> non lo si può negare; così come ebbero alcuni meriti tutte le dittature. Il fatto che poi tali meriti non siano minimante in grado di giustificare il loro operato o di mitigarne le gravi responsabilità sotto il profilo politico e morale è assolutamente certo, ma è tutt’altra faccenda; 2) non si può nemmeno negare che <<fece due gravi errori>>, a meno che con quest’affermazione non si sottintenda che ne abbia commessi solo due, perché qualcuno potrebbe sostenere, certo in maniera discutibile, che proprio due siano stati quelli fatali e decisivi per la sua sorte politica e per il giudizio storico che su di esso si può complessivamente formulare. In conclusione, poiché nessuna parte di questa affermazione può essere giudicata <<gravemente errata>>, dato che è semmai solo la seconda parte di essa a poter essere ritenuta parzialmente errata, pare un po’ eccessivo considerare <<gravemente errata>> l’affermazione complessiva.
Tuttavia, qualcuno potrebbe sostenere che l’affermazione in oggetto tenda a giustificare quegli errori in virtù di tali presunti meriti; ma poiché non esiste nella frase in questione alcun nesso sintattico o logico che giustifichi una simile interpretazione questa risulta poco verosimile. Pare infatti improbabile che il Presidente volesse intendere che qualcuno sostiene che il fascismo fece due <<gravi errori>>, ma che questi possono essere giustificati alla luce di <<alcuni meriti>>, perché un generico <<alcuni meriti>> non può compensare quel <<gravi errori>>. Se questo fosse il senso dell’affermazione, essa sarebbe dovuta essere: <<alcuni grandi meriti del fascismo giustificano i suoi due gravi errori>>, ma non è plausibile che il Presidente si riferisse a una tesi tanto desueta, quale oltre tutto non si evince dal contesto della frase.
Si tratta dunque, da parte del Presidente, di una critica poco giustificata a quella che, a suo avviso, dovrebbe essere un’opinione abbastanza diffusa. Tale critica non pare infatti tener conto che, per quanto riguarda la seconda parte dell’affermazione in oggetto, quasi tutti sono d’accordo sul fatto che il fascismo abbia commesso almeno i due gravi errori cui il Presidente fa riferimento, e ciò perché, sebbene per tante persone ne abbia commessi molti di più e fosse nei suoi principi di fondo un’ideologia sbagliata, questa circostanza non smentisce il fatto che abbia commesso almeno due errori particolarmente gravi, e cioè più gravi di altri, eventuali o reali a seconda dei punti di vista.
Certo, ci sarebbe molto da discutere – come molto si è discusso in passato - se gli errori principali di Mussolini siano stati solo quelli, o specialmente quelli. In effetti, per criticare la tesi dei <<due errori>> sarebbe stato sufficiente affermare che gli <<errori>> di Mussolini sono stati molti più di due, perché anche quei due menzionati si fondavano su altri decisivi commessi in precedenza - dall’instaurazione della dittatura dopo il delitto Matteotti, alle <<leggi fascistissime>>, fino all’abbraccio mortale con Hitler fin dal 36 – per proporre una critica più circostanziata ad una tesi che, in ogni caso, non si capisce bene da quale corrente d’opinione venga sostenuta.
Per quanto concerne invece la prima parte dell’affermazione in questione, la critica del Presidente pare ancor più infondata. Come è noto, infatti, tutti i dittatori del Novecento, Mussolini incluso, si sono, in misura maggiore o minore, resi responsabili e corresponsabili di crimini contro l’umanità. Il fatto di poter eventualmente aver compiuto anche alcune <<cose buone>>, o di <<avere alcuni meriti>>, non solo, come si è accennato, non li assolve da tali responsabilità, ma nemmeno può attenuarle o anche solo in parte mitigarle. Del resto, nessuno dei grandi dittatori del Novecento, pur avendo avuto un ruolo di primo piano nel determinare alcune tragedie epocali, può essere considerato uno stupido, se non altro perché uno stupido non sarebbe mai riuscito a gestire tanto a lungo un così grande potere, ed è molto inverosimile che una persona non stupida che gestisce un potere pressoché assoluto per molti anni non riesca a fare alcune cose buone, o ad acquisire <<alcuni meriti>>.
È quindi molto improbabile, se non del tutto inverosimile, che i grandi dittatori del Novecento non abbiano saputo realizzare, nei vari anni in cui hanno governato il loro paese con pieni poteri (chi più, chi meno), alcune <<cose buone>>, acquisendo così <<alcuni meriti>>. Tanto per citarne alcuni a mero titolo di esempio, la metropolitana di Mosca può essere considerata un <<merito>> acquisito da Stalin e le autostrade una <<cosa buona>> fatta in Germania da Hitler, così come può essere annoverato tra i <<meriti>> di Mussolini l’aver bonificato le paludi pontine. Ma l’ammettere che questi dittatori possano aver acquisito anche dei<<meriti>> non implica affatto, come si è detto ma come è opportuno ribadire, una maggiore condiscendenza verso di loro, non implica cioè in alcun modo una posizione meno ferma e intransigente verso il loro operato politico complessivo e verso le loro enormi responsabilità sotto il profilo morale e politico. Anzi, il saper distinguere tra l’amministrazione di un territorio e di un Paese e un’azione di governo nel suo complesso, anche alla luce dei valori e principi la ispirano, aiuta a comprendere meglio che i tragici effetti cui può condurre una dittatura sono indipendenti da una certa eventuale sagacia amministrativa degli stessi dittatori, consentendo così di prendere in maniera più pronta ed efficace le contromisure necessarie contro chi, ancora oggi, tende a realizzare nuove forme di dispotismo pseudodemocratico avanzando alcune ipotesi di riforma che potrebbero anche rivelarsi efficaci.
Quella del Presidente Mattarella è dunque una critica forzata e inutile all’interno di un discorso che nelle sue linee salienti è ampiamente condivisibile. <<Inutile>> perché non è affatto necessaria a determinare qualche presa di posizione più consapevole e intransigente verso il fascismo, essendo anzi piuttosto propizia a determinare l’effetto opposto, e <<gravemente>> inutile perché poteva esimersi, nel contesto di quel discorso, dal considerare <<gravemente sbagliata>> un’affermazione costituita dalla somma di due affermazioni <<non sbagliate>>.
Del resto, anche la motivazione fornita dal Presidente per la sua critica risulta assai discutibile: se “razzismo e guerra non furono deviazioni o episodi rispetto al suo modo di pensare, ma diretta inevitabile conseguenza”, come mai Mussolini aspettò rispettivamente fino al 1938 e fino al Giugno del 1940 per adottare due decisioni che avrebbe potuto adottare anche prima? Più precisamente, se Mussolini era un razzista convinto perché non varò prima le sue leggi sulla razza, per esempio poco dopo quelle di Norimberga del 1935, o magari ancora prima, visto che al tempo delle leggi di Norimberga era al potere già da oltre una dozzina di anni?
Anche in base a queste ulteriori perplessità, viene da chiedersi perché il Presidente Mattarella abbia potuto giudicare quell’affermazione <<gravemente sbagliata>> e perché l’abbia detta nel contesto di quel discorso per lo più condivisibile. Alla luce delle recenti discussioni sorte intorno a recrudescenze di atteggiamenti fascisti, o alle tracce di urbanistica fascista ancora presente in molte nostre città, e dopo le prese di posizione in merito di diversi leader di partito, un sospetto si rivela forse più realistico di altri: nell’attuale panorama politico nazionale, in cui ampie frange della <<sinistra>> si stanno sgretolando in rivoli effimeri, privi di motivi di coesione e di valori comuni degni di rilievo, persino l’eliminazione dell’ipotesi che il fascismo abbia potuto acquisire <<alcuni meriti>> può apparire utile per cercare di serrare le fila e arginare la triste deriva divisoria che è in corso ormai da tempo.