Fenomenologia di un'offesa

 

 Ovvero, qualche considerazione preliminare sull'offesa che si può arrecare dando a qualcuno dello “stronzo” e sulle eventuali buone ragioni per non sentirsi offesi.

 

Ci sono parole che sono solitamente considerate offensive. Alcune di queste, come ad esempio “stronzo”, vengono usate ormai da molti con assoluta naturalezza e disinvoltura. Nonostante ciò, alcuni altri, e per esattezza coloro che si sentono denominare con tale appellativo, se ne sentono offesi. Ci chiediamo se abbiano buone ragioni per farlo, o almeno per farlo a priori, senza cioè nemmeno voler ascoltare se il promotore dell’offesa possa avere qualche buona ragione per enunciarla.

 

Per rispondere a questa domanda è necessario tuttavia cercare di stabilire cosa debba intendersi con tale termine ritenuto offensivo. Certo, le parole che sono ritenute offensive in base ad una comune e diffusa sensibilità lo sono davvero in almeno in un caso: quando sono pronunciate senza fornire adeguate prove o argomenti in appoggio della tesi con esse sostenuta da chi reca offesa. Così, se dico “stronzo” a qualcuno in modo perentorio e ingiustificato, questi ha ragione a ritenersi offeso. Tuttavia, il motivo per cui può avere in questo senso ragione non è quello che si potrebbe immediatamente pensare: il sentirsi chiamare “stronzo” non ci può cioè recare offesa in quanto siamo appellati col termine con cui si denota un escremento di forma allungata e di una certa qual consistenza. Se l’offensore intendesse questo, infatti, la sua offesa sarebbe immediatamente smentibile e assolutamente contraria ad ogni possibile evidenza, e ciò per vari motivi, tra cui è doveroso almeno menzionare quelli olfattivi, tattili, gustativi e visivi attraverso cui è possibile avere esperienza dello stesso reietto, ovvero rispetto a ben quattro sensi su cinque, essendo l’udito, in questo caso, fuori gioco. L’offendersi, significherebbe dunque dare all’offensore dello stupido, o dell’idiota, o del cieco, o del pazzo. cosa che potrebbe costituire un’offesa non meno grave e arbitraria.

Per l’appunto, non è questo che un offensore intende dire quando dà dello “stronzo”.

La frequenza con cui si ricorre a termini che sono considerati, e a buona ragione, piuttosto volgari, oltre che offensivi, deriva probabilmente dal fatto che essi costituiscono una sintesi di determinazioni non positive altrimenti impossibile. Il termine “stronzo” ne offre un esempio eloquente: chi è infatti uno “stronzo”? Un individuo, potremmo dire, cui sono riferibili, in misure non predeterminate e comunque solitamente diverse, almeno alcune delle seguenti caratteristiche negative: cattiveria, malvagità, slealtà, disonestà, arroganza, protervia, supponenza, indifferenza, ignavia, superficialità, astuzia, malevolenza, ipocrisia, sgradevolezza e, probabilmente, diverse altre che qui non sovvengono alla mente. Poiché sarebbe arduo elencare tutte, o anche solo alcune di queste proprietà declinandole nella lista dei corrispettivi aggettivi ogni volta che queste vengono riscontrate, e ciò anche in virtù dello stato d’animo che la loro sommatoria anche parziale è in grado repentinamente di suscitare, ogni lingua ha predisposto idonei strumenti espressivi e comunicativi attraverso l’uso di termini che costituiscono altrettante sintesi, più o meno volgari ed incisive, di tali caratteristiche, così da poter fornire adeguata e pronta informazione del sentimento che, quando sono recepite insieme in compatti mazzetti d'impressioni, esse sanno provocare.

Dunque, chi offende dando a qualcuno dello “stronzo” in realtà dice qualcosa di questo tipo: “ritengo che tu sia una persona con questa e quest’altra caratteristica morale e psicologica (vedi elenco precedente), cioè, in sintesi, uno stronzo”. La persona offesa avrebbe ragione nel chiedere di giustificare una tale affermazione, ma qualora l’offensore riportasse comportamenti dell’offeso che possano rivelare alcune di tali proprietà la sua affermazione potrebbe essere ritenuta da un giudice imparziale perfettamente giustificata.

Certo, prima, in via preliminare, bisognerebbe definire anche cosa si debba intendere con ciascuno dei termini che indicano tali caratteristiche, ma una volta fatto ciò, si potrebbe dare vita a sillogismi come il seguente: “Prima premessa: le persone che promettono e non mantengono le promesse, che derubano le vecchiette per strada e che danno fuoco ai barboni sono persone "stronze" (hanno infatti almeno alcune delle caratteristiche contenute nell'elenco precedente); Seconda premessa: tu fai solitamente queste cose. Conclusione: tu sei (in sintesi) uno stronzo”.

Avrebbe in questo caso l’offeso ragione di ritenersi offeso? No, se non rientra nel quadro tracciato dalla prima premessa, a meno che non voglia insinuare che l’offensore, appellandolo in quel modo, lo abbia scambiato per un escremento, usando il termine nel significato letterale. Ma poiché in questo caso ci sono buone ragioni per ritenere che non di offesa si tratti, ma piuttosto di un’allucinazione, per la quale sarebbe assai più indicato un ricovero psichiatrico che una denuncia in tribunale, chi si ritenesse offeso interpretando così la “stronzaggine” che gli è attribuita sarebbe in questo caso a sua volta un gratuito offensore, in quanto sosterrebbe implicitamente la non perfetta sanità mentale dell’offensore dichiarato.