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Il fattore K, il fattore F e il caso del ballottaggio a Lucca

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    Alberto Ronchey usò l’espressione fattore K - dal russo Kommunizm (comunismo) - per la prima volta in un editoriale del Corriere della Sera del 30 marzo 1979 per spiegare l’impossibilità per il PCI di salire al governo in un paese occidentale e il mancato ricambio delle forze politiche governative in Italia durante la guerra fredda. Oggi, a parti invertite, una simile conventio ad excludendum, cui Enrico Berlinguer cercò di ovviare proponendo alla DC quella peculiare collaborazione di governo che passò poi alla storia come Compromesso storico, pare insinuarsi nel dibattito politico ogni volta che un nuovo ballottaggio tra candidati di opposti schieramenti coinvolge gruppi politici che più o meno esplicitamente si richiamano al fascismo.
   Così, per esempio, l’onorevole Emanuele Fiano ha definito - riferendosi al prossimo ballottaggio che ci sarà a Lucca tra i candidati Francesco Raspini (centrosinistra) e Mario Pardini (centrodestra) “ributtante” l’apparentamento di quest’ultimo con i neofascisti di Casapound. In effetti, Fabio Barsanti, ex leader di Casapound passato nel 2020 nel gruppo misto, anche in una recente intervista si è definito “fascista”, ancorché del “terzo millennio”. “Evidentemente – sostiene Fiano - non si fanno problemi a chiedere i voti dell'estrema destra neofascista, o fascista del terzo millennio come amano definirsi”.
   Naturalmente, consideriamo ogni identificazione col fascismo assolutamente esecrabile, ma se un consigliere comunale ha potuto svolgere fino al giorno prima regolarmente il suo mandato senza fare nulla che fosse perseguibile dalla legge in base alla nostra Costituzione questa persona è evidentemente ancora nel pieno possesso dei suoi diritti civili e politici, circostanza che gli consente di “apparentarsi” legittimamente con uno dei due candidati al ballottaggio nelle elezioni amministrative della sua città senza costituire un pericolo per la sua stabilità democratica.
  D’altra parte, in quale ballottaggio sul filo del rasoio si è mai visto qualche schieramento rinunciare ai voti dell’ala estrema dei suoi elettori virtuali?  Una simile circostanza si è verificata solo quando il candidato interessato riteneva di godere di una maggioranza così ampia da poter fare a meno di contributi politici che rischiavano di rivelarsi controproducenti. In effetti, ogni candidato a ricoprire il ruolo di sindaco ha il diritto di non rinunciare a dei voti che possono rivelarsi decisivi, anche quando questi provengono da un accordo con qualcuno che si definisce “fascista”. Sarebbe infatti giusto valutare le persone, in politica così come nella vita, più per quello che fanno piuttosto che per quello che dicono di fare o dicono di essere. Alcuni infatti si professano “onesti”, altri “cristiani”, altri ancora “democratici” o “antifascisti”, ma non necessariamente lo sono. Qualcun altro può definirsi “pacifista” senza che le sue scelte e i suoi comportamenti siano in effetti propizi al conseguimento della pace. Per motivi analoghi, può anche accadere che qualcuno si definisca “fascista”, ma senza adottare quei comportamenti che furono propri dei fascisti storici, come manganellare gli avversari politici, ucciderli o mandarli al confino.

  • Fattore F
  • Fattore K

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Il sentimento estetico di un intellettuale disorganico

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    Il 7 novembre 2016 Mario Perniola, uno dei maggiori e più originali filosofi italiani dell'ultimo mezzo secolo nonché uno dei pochi ben conosciuti all'estero, ebbe dal suo medico una prognosi infausta: "un anno di vita. Non un mese di più, né un mese di meno".

    Cosa accadde durante quell'anno Perniola lo racconta in un libro che è anche un testamento filosofico: Tiresia contro Edipo. Vita di un intellettuale disorganico (Il melangolo edizioni, Genova, 2021), libro che è essenzialmente il tentativo di decifrare il senso del proprio destino alla luce della propria malattia. S'ispira in tale tentativo all'idea stoica di amor fati, che Perniola definisce come "l'adesione incondizionata a ciò che è stato, a ciò che è, a ciò che sarà", e cioè a quella "riconoscenza nei confronti del nostro destino" che si concilia in lui con quel sentimento estetico che lo ha accompagnato durante tutta la vita.

    Come osserva Enea Bianchi nella bella introduzione al volume da lui curato – gli stoici, per i quali la realtà è permeata dal logos, rintracciano la bellezza e il vero bene nel mondo e non in un mondo dietro al mondo". Rintracciare la bellezza nel mondo, saperla trovare nel proprio destino anche quando ci conduce all'incontro con Madame Morte, è uno dei principali motivi ricorrenti in questo libro, e poiché per farlo è necessario mettersi alla ricerca delle cause psicologiche del suo male a questo fine viene evocato Tiresia, il divinatore della tragedia di Edipo, proprio in quanto è ritenuto in grado di anticipare le cause psicologiche del male. E secondo l'autore, nel suo caso, l'origine del male è riconducibile al bisogno di essere visti.

  • Mario Perniola

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C'è un U-Robot nel nostro futuro

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   In un centro internazionale di ricerca nei pressi di Las Vegas, negli Stati Uniti, è nata una generazione di robot assolutamente rivoluzionaria. Si chiama U-Robot, non deve essere confuso con Ufo-Robot e sa fare praticamente tutto. Come ogni altro Robot delle ultime generazioni può cucinare e fare le pulizie, ma non si ferma qui: sa eseguire anche lavori molto più complessi, come dirigere un'azienda, curare un paziente afflitto da vari tipi di disturbi, progettare ponti e spostarsi in quasi totale autonomia. Il prezzo? Non costa molto né acquistarlo né mantenerlo: lo si può infatti comprare in leasing con comode rate a partire da circa 700 euro al mese, a seconda delle prestazioni richieste, e cederlo usato senza che per i primi vent'anni del suo utilizzo abbia perso molto del suo valore.

    Il nuovo tipo di robot è in grado non solo di eseguire i calcoli più complessi, ma anche di escogitare nuove teorie scientifiche e persino di sostenere conversazioni impegnative sotto il profilo culturale. Si è dimostrato molto utile anche nei call center, dove è stato provato nel ruolo delle normali segreterie telefoniche ed è stato apprezzato da molti clienti per le sue attitudini dialogiche e la sua capacità di ascolto. Alcuni esemplari si sono perfino dimostrati in grado di fornire un certo conforto psicologico agli utenti, tanto che alcune aziende operanti nel settore della comunicazione ne hanno già prenotati diversi esemplari.

   La capacità di U-Robot vanno quindi ben oltre quella di leggere, scrivere o usare un pc: alcuni modelli sono capaci di suonare uno strumento musicale, o addirittura di comporre brani di assoluto rilievo estetico; mentre altri riescono a inventare, mediante la scrittura o la voce, fantastiche storie, o addirittura a recitare e cantare con incantevoli intonazioni. I modelli da football hanno poi la capacità di battere punizioni imparabili, di realizzare gol incredibili o assist geniali, tanto da non far rimpiangere alcuni dei più famosi numeri 10 della storia di questo sport, mentre gli esemplari più sofisticati sono stati brevettati per fornire un piacere sessuale particolarmente intenso, con tutta una gamma di opzioni da far incuriosire persino le persone più caste.

  • Robot

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Il dragone è sempre più vicino, e non è solo

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      L’etichetta «made in China» non era stata ancora inventata, eppure la civiltà cinese esisteva già, ed era fiorente ed evoluta. Nemmeno il nome Cina non esisteva: sarebbe nato solo con la Qin che, appunto, si pronuncia cin. Si tratta di una dinastia che, come ricorda Federico Rampini nel suo ultimo saggio (Fermare Pechino: Capire la Cina per salvare l'Occidente, Mondadori editore), unifica sotto un’unica amministrazione gran parte del territorio cinese a partire dal 221 avanti Cristo. La terra della seta, che in seguito arriverà in Europa grazie a due monaci, e contrabbandieri, nestoriani, sarebbe poi divenuta, durante il medioevo e per merito di Marco Polo, il famoso Catai.

    Non sono trascurabili i segni della presenza di tale civiltà all'arte occidentale: basti pensare all’Adorazione dei Magi dipinta da Giotto nella basilica inferiore di Assisi, in cui sono riconoscibili due personaggi cinesi, o a un affresco del Pisanello, San Giorgio e la principessa, che si trova nella chiesa di Sant’Anastasia a Verona, e in cui sono ben visibili due cavalieri dai tratti somatici asiatici, o ad alcune opere di Ambrogio Lorenzetti.

   Ma soprattutto Rampini ci ricorda che Confucio è più antico di Machiavelli e che ha insegnato ai cinesi "il rispetto per l’istruzione, il senso delle gerarchie e delle regole, la venerazione per i padri, la capacità di anteporre la comunità all’individuo", tanto che lo ammirarono anche Voltaire e Montesquieu.

   Sulla civiltà cinese ebbe però una grande influenza anche il buddismo, e con esso una sua certa idea del diavolo di cui ci ha trasmesso dei simboli: nel tardo medioevo, per esempio, il demonio veniva spesso raffigurato come un pipistrello, che assomiglia molto al dragone della tradizione cinese, tanto da poter suggerire l'ipotesi semiseria che il covid sia partito non per caso proprio dalla Cina, e dai pipistrelli.

  • Cina

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Dialogando in sogno con i maestri

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L'opera pittorica di Christian Olivares

 

   Christian Olivares nasce a Valdivia, in Cile, il 13 settembre del 1944 da padre cileno e madre danese, frequenta la Scuola di Belle Arti a Santiago e poi si perfeziona all'Accademia delle Belle Arti di Ravenna. Durante la dittatura di Pinochet si mette in luce in Italia grazie a varie mostre collettive di artisti dissidenti cileni, mentre in seguito realizza mostre personali, oltre che nel suo paese d'origine, anche a Roma, Bologna e Berlino. Oggi risiede ad Amburgo, ma ha soggiornato a lungo anche in Italia, soprattutto a Bologna, a Roma e a Parma, dove ha collaborato come volontario all'ospedale psichiatrico di Colorno quando era diretto a Franco Basaglia. Sempre in Italia, e poi in Spagna, ha curato le scenografie di alcuni film di José Maria Sanchez. Ha inoltre realizzato le scenografie di alcuni spettacoli teatrali del regista cileno Raúl Ruiz Pino al festival di Avignone e della ballerina spagnola di flamenco María Pagés.

   Nonostante questi pregressi, nel nostro paese è però conosciuto più per l'errore dei giudici che attribuirono un suo quadro a Pacciani, ovvero al "mostro di Firenze", piuttosto che per lo straordinario complesso della sua opera. Fu Vittorio Sgarbi ad avvertire giudici superficiali e frettolosi giornalisti che non poteva non trattarsi di un vero pittore, caratterizzato da una profonda conoscenza della storia dell'arte, assimilata e rielaborata in maniera originale.

    Quella di Christian Olivares è infatti un'opera variegata di stili anche assai eterogenei ed evocativi di correnti artistiche diverse, da cui trapela costantemente una profonda cultura pittorica ed estetica. Una delle cifre stilistiche preminenti è una certa solitudine dei corpi, sorpresi spesso in un'espressione che li raccoglie, è una certa fierezza che traspare dagli sguardi e da certe espressioni dei volti, che sono spesso colti in momenti di silenzioso raccoglimento, quasi rivelando un'attitudine un po' buddista o taoista al non pensiero, al conseguimento di quel vuoto mentale che poi costituisce la massima forma di consapevolezza.

  • Cezanne
  • Christian Olivares
  • Monet

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Dieci differenze tra i "settari" e i "dialogici" nella vita e su Twitter

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   Il presente e succinto promemoria parte dall'ipotesi che i "settari" siano una categoria psicologicamente, sociologicamente e culturalmente ben definibile, esattamente come i loro eterni contraltari, ovvero i "dialogici". Ma come si fa a distinguere, nella vita e su Twitter, gli uni dagli altri?

 

   Prima differenza: i settari tendono ad asserire, i dialogici ad argomentare.

   Seconda differenza: i settari tendono ad essere sempre d'accordo con il loro capo carismatico, o leader, mentre i dialogici talora sono critici anche verso le persone che apprezzano e stimano di più.

   Terza differenza: i settari tendono a rispettare le gerarchie all'interno della loro setta; i dialogici, non identificandosi mai con alcuna setta, non hanno alcuna particolare soggezione verso qualsivoglia gerarchia.

   Quarta differenza: i settari tendono a muoversi e agire in gruppo, i dialogici tendono a farlo da soli.

   Quinta differenza: i settari sono inclini all'offesa, mentre i dialogici solitamente ne rifuggono.

   Sesta differenza: su Twitter i settari tendono a mettere molti like, specialmente dove ce ne sono già tanti; i dialogici ne mettono in genere di meno, ma di più dove ce ne sono di meno.

   Settima differenza: i settari tendono a non cambiare opinione, anche quando non ne hanno, come spesso accade, una propria; i dialogici tendono a cambiarla con circospezione.

   Ottava differenza: i settari, identificandosi con la propria setta, hanno qualche difficoltà in più dei dialogici a provare vergogna, perché si appagano di surrettizie sicurezze gregarie.

   Nona differenza: i settari, al contrario dei dialogici, sono per lo più incapaci di trarre un vero piacere dalla conversazione, mentre trovano soddisfazione nelle discussioni, specialmente se accese.

   Decima differenza: sia nella vita sia su Twitter i settari tendono a ripetere all'infinito i luoghi comuni cari alla propria setta e talora, sbagliando coordinate, inavvertitamente anche ad altre concorrenti; ripetizioni da cui invece rifuggono i dialogici.

 

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