• Home
  • Saggi
  • Narrativa
  • Esercizi di lettura
  • Hanno scritto su...
  • Nota bio-bibliografica
  • Link
  • image
  • image
  • image
  • image
  • Immagine2
  • image
  • image
  • image
  • image
  • image
  • image
  • image
  • image
  • image
  • Immagne1
  • image
  • image

Menu Principale

  • La luce tra l'erba
  • Macedonio
  • Poesie
  • Arte
  • Politica e società
  • Scritti di amici
  • De Ludo Globi
  • Home
  • Saggi
  • Narrativa
  • Esercizi di lettura
  • Hanno scritto su...
  • Translations
  • Nota bio-bibliografica
  • Scuola
  • Cinema e filosofia
  • English c.v.
  • Link
  • Contatti
  • Fotocommunity
  • The parliament of the World

Random Tag

Bobin Corpo Aforisma Gabbie Leopardi Città Moretti Comunismo Cartesio Balzac Žižek Hawthorne Petroni Yehoshua Buster Keaton Melville Mozart Impressionisti Scalfari Università Antifascismo Eguale Michele Ainis Burocrazia Andrea Emo

Il coefficiente di Gini e un'idea liberale di giustizia

  • Stampa
  • Email

    Il proposito di coniugare gli ideali di libertà e di giustizia, riproposto con alterne fortune da oltre due secoli, è sembrato erroneo, vano o improbabile tanto a molti liberali quanto a molti socialisti. Se per quelli che lo hanno adottato le sconfitte politiche sono state più frequenti delle vittorie, tuttavia nel lungo periodo non si può non registrare una crescita in parallelo sia del socialismo riformista e liberale rispetto a quello massimalista e terzo-internazionalista, sia di un liberalismo sempre più spesso temperato da correttivi volti a favorire una ridistribuzione complessiva della ricchezza.

    Nonostante le dispute che coinvolsero socialisti liberali o liberalsocialisti come Aldo e Nello Rosselli, Piero Calamandrei, Gaetano Salvemini, Aldo Capitini, Guido Calogero, Ernesto Rossi, Norberto Bobbio e molti altri, il loro tentativo di dare vita a un tipo di società che cercasse di coniugare in maniera efficace i valori della libertà e della giustizia è stato recepito dai padri costituenti, che ne hanno fatto due riferimenti cruciali della carta costituzionale. Alle riserve di Benedetto Croce circa la commistione di due principi a suo avviso eterogenei come quelli di libertà e di giustizia, rispose poi nel merito Guido Calogero, secondo il quale l’ideale di giustizia – che non significa ugualitarismo economico o sociale, ma l’impegno delle comunità a garantire ad ogni cittadino una dignità sociale e una disponibilità economica idonee a esercitare quelle libertà fondamentali altrimenti destinate a restare astrazioni sulla carta dei diritti –  è fondamentale per la realizzazione di una vera uguaglianza nel godimento dei diritti fondamentali previsti dallo Stato liberale: “la civiltà – scriveva infatti Calogero – tanto meglio procede quanto più la coscienza e gli istituti del liberalismo lavorano ad inventare e a instaurare sempre più giusti assetti sociali, e la coscienza e gli istituti del socialismo a rendere sempre più possibile e intensa e diffusa tale opera di libertà”.

   Oggi le differenze tra destra e sinistra non consistono più, come un secolo fa, nel proporre due strutture diverse ed opposte della società (in base alla presenza o assenza della proprietà privata dei mezzi di produzione), ma sono più che altro riconducibili a dosaggi diversi dell’intervento dello Stato nell’economia. Dopo John Maynard Keynes non è affatto detto che anche un governo a guida liberale non ritenga opportune misure di welfare più o meno permanenti: una certa giustizia distributiva, infatti, non ha solo l’effetto di realizzare un ideale di tipo etico-politico, ma anche quello di rendere la società meno conflittuale e dunque più efficiente e produttiva, nonché quello, non secondario, di favorire la crescita della domanda interna, con tutto ciò che può seguirne in termini di ricaduta sull’offerta e sui livelli occupazionali.

  • Coefficiente Di Gini
  • Giustizia

Leggi tutto: Il coefficiente di Gini e un'idea liberale di giustizia

Storie di fate, di eremiti e di pulcini d'oro

  • Stampa
  • Email

 

     Una bella poesia di Alcmane, ricordo dei tempi del liceo, recita così: “Dormono le cime dei monti /e le vallate intorno, i declivi e i burroni; / dormono i rettili, quanti nella specie/ la nera terra alleva, le fiere di selva, / le varie forme di api, / i mostri nel fondo cupo del mare; / dormono le generazioni /degli uccelli dalle lunghe ali”.

    Tra le alpi apuane che guardano il mare, nelle notti d’inverno, quando uccelli notturni facevano udire il loro lugubre verso e qualche lupo il suo richiamo dal folto del bosco, in case dimesse e intorno a un focolare si raccontavano storie. Su queste montagne i vecchi “non conoscono il termine ‘leggenda’; essi conoscono semplicemente delle storie: leggenda è per loro un termine sconosciuto e alla richiesta di raccontare una leggenda ci guardano con meraviglia e imbarazzo. La ragione di tutto questo sta nel fatto che il termine ‘leggenda’ è qualcosa di codificato e classificato secondo determinati motivi e schemi che sono stati definiti dal mondo della cultura. Tutto ciò che l’anziano della montagna ci racconta è una storia che lui stesso ha sentito raccontare, alla quale si mescolano ricordi personali, fatti accaduti in passato, eventi particolari caricati di elementi fantastici e così via. Non è quindi una semplice storia o ‘leggenda’ quella che ci comunica, bensì una cultura ben precisa: quella che esprime le difficoltà della vita quotidiana, le fatiche del lavoro, l’eterna lotta fra il bene e il male, le paure, i sogni e i tentativi di dare una giustificazione a fatti misteriosi e inspiegabili”.

    Così scrive Paolo Fantozzi, nell’introduzione a questo suo Storie e leggende delle Alpi Apuane. Sulla presenza del marmo, quello stesso che Michelangelo veniva a prelevare sin qui per scavarvi i suoi capolavori, di storie c’è n’è una particolarmente suggestiva che può forse essere riassunta senza minarne troppo il senso: il signore aveva dato incarico a un angelo scansafatiche di formare gli Appennini mescolando il contenuto di vari sacchi, ma mentre passava sopra le apuane decise di fermarsi su una nuvola e di farsi un pisolino. Risvegliato e rimproverato all’improvviso da un altro angelo, si riscosse allarmato urtando uno dei sacchi e facendone precipitare il contenuto. Fu così che il marmo si sparse sulle apuane.

  • Alcmane
  • Anna Maria Ortese
  • Paolo Fantozzi

Leggi tutto: Storie di fate, di eremiti e di pulcini d'oro

Non c'è nulla d'estraneo e tutto è uguale nella società della stanchezza

  • Stampa
  • Email

    La nostra è una civiltà della stanchezza. È quanto risulta dalla lettura di un saggio del filosofo coreano Byung-Chul Han, docente alla Unibesität der Künste di Berlino e già autore, oltre che de La società della stanchezza (Nottetempo editore), di diversi altri saggi capaci di far riflettere su temi attuali in maniera poco convenzionale.

   Secondo Byung-Chul Han il millennio da poco iniziato “non è caratterizzabile in senso batterico o virale, quanto piuttosto in senso neuronale. Malattie neuronali come la depressione, la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) 2, il disturbo borderline di personalità (BPD) o la sindrome da burnout (BD) connotano il panorama delle patologie tipiche di questo secolo. Non si tratta di infezioni, piuttosto di infarti che non sono causati dalla negatività di ciò che è immunologicamente altro, ma sono determinati da un eccesso di positività. Queste sindromi si sottraggono a qualsiasi tecnica immunologica che miri a respingere la negatività dell’Estraneo”.

   L’Estraneo e l’Eguale sono due categorie fondamentali per comprendere l’evoluzione della società in cui viviamo, così come la nozione di reazione immunitaria, che consente di declinare la relazione tra queste due nozioni estreme e contrapposte. Secondo l’autore “ogni reazione immunitaria è una reazione all’alterità. Oggi, invece, al posto dell’alterità abbiamo la differenza, che non provoca alcuna reazione immunitaria. La differenza post - immunologica, anzi post - moderna, non è più causa di malattia. Dal punto di vista immunologico essa è l’Eguale (das Gleiche). Alla differenza manca, per così dire, il pungolo dell’estraneità che provocherebbe una violenta reazione immunitaria. Anche l’estraneità si stempera in una forma di consumo. L’estraneo cede il passo all’esotico, visitato dal turista”.

  • Byung Chul Han
  • Eguale
  • Estrane
  • Marcuse

Leggi tutto: Non c'è nulla d'estraneo e tutto è uguale nella società della stanchezza

Il signor Ga e il dottor Therapeutica

  • Stampa
  • Email

 

di Macedonio Fernández

 

   Il signor Ga era stato un paziente così assiduo, docile e costante del dottor Therapeutica che adesso era solo un piede. Con denti, tonsille, stomaco, reni, polmoni, milza, colon successivamente rimossi, ora arriva il cameriere del signor Ga  a chiedere al dottor Therapeutica di occuparsi del piede del signor Ga, e il dottore lo manda a chiamare.

    Il dottor Therapeutica esamina attentamente il piede e scuotendo gravemente la testa così sentenzia: - C'è troppo piede, non c'è da stupirsi che si senta male: disegnerò il taglio necessario, per un chirurgo.

 

   El señor Ga había sido tan asiduo, tan dócil y prolongado paciente del doctor Terapéutica que ahora ya era sólo un pie. Extirpados sucesivamente los dientes, las amígdalas, el estómago, un riñón, un pulmón, el bazo, el colon, ahora llegaba el valet del señor Ga a llamar al doctor Terapéutica para que atendiera el pie del señor Ga, que lo mandaba llamar.

 

   El doctor Terapéutica examinó detenidamente el pie y “meneando con grave modo” la cabeza resolvió: “Hay demasiado pie, con razón se siente mal: le trazaré el corte necesario, a un cirjano”.

 

 

  • Macedonio

Letteratura, scuola e democrazia

  • Stampa
  • Email

 

 

   In un racconto di Jorge Luis Borges, Il Sud, il protagonista sta leggendo un libro in un locale quando viene sfidato a duello da due individui che sono infastiditi proprio dal fatto che sta leggendo. Nella sua prefazione a La città assente, un romanzo di Riccardo Piglia - che fino a pochi anni fa è stato uno degli scrittori e critici letterari più influenti in Argentina - Tommaso Pincio racconta che una sera, verso mezzanotte, mentre da Trastevere si stava dirigendo verso il rione Regola leggendo un libro, fu affrontato e preso a male parole da un gruppo di giovani che erano infastiditi, anche in questo caso, dal fatto che stesse leggendo. Quando riuscì, con una discreta dose di sangue freddo, ad attraversare incolume il gruppo cha lo aveva per qualche istante circondato sentì che dietro ancora gridavano: “legge ancora, lo scemo. T’ammazziamo di botte, ti pestiamo a sangue”.

 

   La città assente è un libro in cui i protagonisti entrano ed escono dalla trama e che mentre incontrano amici o sconosciuti attraversano porte che li conducono in altre trame e in altre storie, come chi odia i libri, o è loro indifferente, non potrà mai fare altrettanto bene. La concezione narrativa su cui si fonda il romanzo di Piglia deriva in parte dall’opera di Macedonio Fernández, ma esso trae qualche ispirazione anche da Notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino e da Tlön, Uqbar, Orbis Tertius di Borges. “Mi piaceva l’idea – scrive Piglia nella postfazione alla sua opera – di una trama che è come una strada: apri una porta e all’improvviso la tua vita è completamente diversa. È da qui, forse, che è nata la mia decisione di usare la città come metafora dello spazio del romanzo”.

 

   Sempre nella stessa postfazione, Piglia spiega come la letteratura sia in grado d’interrompere il flusso della lingua, di alterarne le consuetudini espressive e i riferimenti valorali in essa impliciti ed è dunque perfettamente normale che possa essere avvertita come un pericolo. Su questo tema, del resto la stessa letteratura si è intrattenuta più volte, anche con delle opere che sono divenute dei classici, come ad esempio Fahrenheit 451, in cui Ray Bradbury descrive una società in cui leggere o possedere libri è considerato un reato grave.

  • Democrazia
  • Scuole

Leggi tutto: Letteratura, scuola e democrazia

The winter dog

  • Stampa
  • Email

 di Paolo Fantozzi

 

    The winter I’m thinking of is concerned with darkness. Darkness of nature, darkness of event, darkness of spirit. The thundering darkness of not knowing which is somewhat similar to faith. But probably it is closer to hope, that is more active, and far confused than faith must be. Faith has no need of words. Hope, I know, is a fighter and a tempter.

   Winter mornings start with darkness. The huge, tense blackness of the outer world. The house is hard cold. I dress in the dark and hurry out. The sleepy dog stretches, looks at me then just a few strides, and disappears. I listen intently to the stirring foliage in the wood. It is a language the trees are murmuring. There are no stars, no mood. The air is thick with damp fog. Still I can tell that the breeze is rising, as it speaks singingly and I can see a pale hazy streak of amber floating in the Eastern sky. Now and again Brio the dog comes back. His happy paws dashing the mud. Before we reach home and cross the yard, it is no longer night. It is like standing on a blue wharf that leads to the sharp, white day. The grey cat jumps off the canvas roof of the old Land Rover. Brio barks joyfully. This is the beginning of every winter day. The wood used to be a pinewood, although now the pines have been all cut down. Oak trees fight with the sneaking deadly clasp of the silent ivy. Modest trees that mean so much to me. Among these trees I have walked thousands of times with dogs mostly Brio, being the last one in a long row of friendly dogs.

  • Paolo Fantozzi

Leggi tutto: The winter dog

Altri articoli...

  1. Massimo Cacciari e il primato della politica
  2. La democrazia e l'arte di ascoltare
  3. Il sogno di una società più giusta non è solo comunista.
  4. La propensione a decontestualizzare la storia e il nuovo totalitarismo
  5. Un maestro e un amico. Ernesto Rossi e il suo ritratto di Gaetano Salvemini

Pagina 5 di 10

« InizioPrec12345678910SuccFine »


Powered by Joomla!. Design by: themza joomla 2.5 themes  Valid XHTML and CSS....